Dalla rivista "Anthropos & Iatria" - anno 3 - n° 3 - 1999 - De Ferrari editore

ASSERTIVITA': LA TRIADE COMPORTAMENTALE

Tristano Ajmone

Master in PNL, ricercatore presso l'ISI-CNV di Torino





"Se tu getti una pietra nell’acqua, essa si affretta per la via più breve fino al fondo. E così è di Siddharta, quando ha una meta, un proposito. Siddharta non fa nulla. Siddharta pensa, aspetta, digiuna, ma passa attraverso le cose del mondo come una pietra attraverso l’acqua, senza far nulla, senza agitarsi: viene scagliato, ed egli si lascia cadere. La sua meta lo tira a sé, poiché egli non conserva nulla nell’anima propria, che potrebbe contrastare a questa meta… Questo è ciò che gli stolti chiamano magia, credendo che sia opera dei demoni. Ognuno può compiere opera di magia, ognuno può raggiungere i propri fini, se sa pensare, se sa aspettare, se sa digiunare."

[H.Hesse — "Siddharta"]

 

Essere assertivi significa vivere esercitando i propri diritti in modo naturale, senza provare disagio, riconoscendo agli altri la reciprocità di questo assunto.

I presupposti che stanno alla base della teoria assertiva sono concetti "funzionalisti" che definiscono il "galateo" dei rapporti sociali su regole ampiamente condivise. Ne consegue che le abilità sociali sono stili di comportamento atti a rendere efficace la comunicazione e i rapporti tra le persone.

L'assertività è una "filosofia" di vita che subordina l'amore e il rispetto degli altri all'amore e al rispetto di sé. È stata anche definita come la teoria del sano egoismo. Chi non è felice non può dare felicità, chi non ha stima e fiducia di sé non è in grado di dare agli altri sicurezza; le interazioni sociali disarmoniche generano problemi di diversa natura e gravità.

L'assertivo interagisce con l'ambiente senza farsi sopraffare dai condizionamenti, persegue il suo bene da persona libera e saggia (ecologia delle scelte). Questo presuppone una buona conoscenza di sé e delle modalità più efficaci per esprimere le proprie idee, affetti, emozioni. Proprio questo fa sì che la persona non cada in balia dell'ansia. In questo senso l'assertività rappresenta una prevenzione per i disturbi mentali. Essa è oggi utilizzata in ambito clinico per trattamenti a largo spettro di nevrosi e psicosi.

La psicologia incomincia ad occuparsi con molto ritardo dell'ansia sociale che, nelle sue forme estreme, assume carattere fobico con componenti depressive.

Nel 1949, l'americano Salter, studioso del comportamento, elabora le prime interessanti ipotesi sulle cause e gli effetti dell'ansia sociale tracciando il primo profilo dell'assertività.

Negli anni cinquanta fu il comportamentista J. Wolpe a dare un vigoroso impulso a questi studi, fortemente permeati dalla filosofia empirista, dalla opzione ambientalista e operazionale. Da allora molti psicologi, appartenenti a scuole diverse, hanno approfondito queste problematiche.

Gli sviluppi successivi hanno dato vita a due filoni applicativi: clinico e pedagogico. Quello clinico ricade nell'ambito psicoterapeutico ed è quello che offre le maggiori garanzie per chi deve migliorare sé stesso. Quello pedagogico si è diffuso nell'ambito lavorativo come aggiornamento professionale con risvolti indesiderati. Si è infatti appurato che molte persone che frequentano corsi di questo tipo cercano di applicare meccanicamente quanto appreso, senza prima cambiare se stessi e riflettere sul significato e sull'opportunità degli strumenti da usare. Si confonde così l'efficienza tecnica con il risultato da conseguire, il mezzo con il fine.

L'educazione alla competenza sociale dovrebbe essere impartita ai bambini fin dalla prima infanzia. È un obiettivo tanto ambizioso quanto difficile, poichè implica una rieducazione della popolazione adulta rispetto ai vari ruoli sociali che ricopre nella propria vita.

LA TRIADE COMPORTAMENTALE

Nell'ambito dell'assertività i comportamenti , verbali e non verbali, seguono una classificazione semplice che tiene conto del significato e delle conseguenze che essi hanno per le persone:

PASSIVI - AGGRESSIVI - ASSERTIVI.

Questa divisione è puramente teorica dato che ognuno di noi può slittare da un comportamento all’altro sotto la pressione degli eventi ambientali. Possiamo visualizzare questa tipologia mettendola su una linea ideale:

Malgrado ciò, uno di questi stili di condotta tende ad affermarsi sugli altri in ognuno di noi. Si avranno quindi persone fondamentalmente passive, altre aggressive ed altre assertive. Quello che realmente conta è essere in grado di discriminare tra questi tre modelli comportamentali e muoversi verso un comportamento sempre più assertivo. I comportamenti anassertivi sono inevitabilmente all’origine dei disagi sociali che proviamo. Il comportamento assertivo è la chiave del nostro successo e del nostro benessere.

I pensieri sono considerati comportamenti subvocalici (si pensa in realtà con tutto il corpo, con piccole contrazioni muscolari involontarie e non percepibili) nella visione "periferalista" (J. B. Watson e altri), oppure espressione del sistema nervoso centrale secondo i "centralisti".

IL COMPORTAMENTO PASSIVO

Per "persona passiva" si intende una persona che si distingue per una serie di comportamenti ed atteggiamenti interiori che lo portano a subire gli altri provando disagio. Subire gli altri può significare tanto il non essere in grado di rifiutare un favore ad un amico quanto il dover subire costantemente soprusi ed umiliazioni sul lavoro. Vi sono diversi livelli di passività e diversi livelli di disagio, ma le dinamiche sono sempre le stesse.

Questo comportamento è il risultato di errate assunzioni riguardo sè stessi e gli altri. Una volta individuati gli schemi mentali che conducono alla passività e la struttura del comportamento passivo, è possibile cambiare sè stessi ed eliminare il disagio.

COMPORTAMENTI PASSIVI:

  1. SUBIRE GLI ALTRI
  2. INCAPACITÀ DI ESPRIMERE LE PROPRIE OPINIONI E SENTIMENTI
  3. DIFFICOLTÀ NEL PRENDERE DECISIONI
  4. RITENERE GLI ALTRI MIGLIORI DI SE STESSI
  5. TEMERE IL GIUDIZIO ALTRUI
  6. DIPENDENZA DALL’APPROVAZIONE ALTRUI
  7. INCAPACITÀ DI RIFIUTARE RICHIESTE
  8. AGIRE SECONDO IL VOLERE ALTRUI (SOTTOMISSIONE)
  9. INCAPACITÀ DI PARTIRE DAL LIVELLO OPERANTE ALTRUI

Questi atteggiamenti interiori e stili di comportamento conducono l’individuo ad un elevato senso di frustrazione. Spesso avviene che la persona passiva, dopo aver cumulato un'eccessiva frustrazione, "scoppia" ed emette comportamenti aggressivi nei confronti di chi egli subisce, così facendo viene a sua volta aggredito o pone fine alla relazione. Comunque sia, "scoppiando" incrementa ulteriormente il suo disagio interiore e sviluppa sensi di colpa, si pente e torna al suo abituale atteggiamento passivo.

Subire costantemente gli altri e sentirsi frustrati porta l’individuo a sentirsi impotente e crearsi un immagine negativa di sè stesso, come risultato tenderà ad isolarsi sempre di più.

L’incapacità a prendere da soli le proprie decisioni e la dipendenza dal giudizio altrui, fanno sì che i Passivi tenderanno a scegliere come "amici" persone aggressive sulle quali contare. Molti anassertivi passivi sono ansiosi e falliscono nell'interazione sociale a causa di un circolo vizioso che si instaura tra sintomi fisici e previsioni negative come evidenziato dalla figura 1.

IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO

Essere aggressivi non vuol dire necessariamente esercitare violenza fisica sugli altri: fanno parte dell’aggressività tutta una serie di atteggiamenti e modi di pensare che hanno in comune la violazione dei diritti altrui e la noncuranza per i loro stati d’animo.

Rendersi conto della propria aggressività non è facile: spesso la persona aggressiva riesce a ottenere ciò che vuole con la prepotenza e quindi, per quanto lo riguarda, "tutto va bene". In realtà l’Aggressivo paga a lungo termine le conseguenze del suo modo d’essere: sarà emarginato e finirà per circondarsi di persone tanto più passive quanto più egli sarà aggressivo. Il costante considerare gli altri degli inetti ed il volerli piegare al proprio volere conduce ad una alienazione egocentrica. Essere circondati da individui senza personalità, che dicono sempre "Si, Signore!", non è appagante, eppure egli lavora proprio in questa direzione, mettendosi in contrasto con gli Aggressivi e gli Assertivi.

COMPORTAMENTI AGGRESSIVI:

  1. CALPESTARE I DIRITTI ALTRUI (PREVARICAZIONE)
  2. RITENERSI SEMPRE NEL GIUSTO
  3. ATTRIBUIRE I PROPRII ERRORI E DISAGI ALLA RESPONSABILITA' ALTRUI
  4. SOPRAVVALUTARSI
  5. NON ACCETTARE LE OPINIONI ALTRUI
  6. INFLESSIBILITÀ D’OPINIONE ANCHE DI FRONTE ALL’EVIDENZA
  7. PRETENDERE CHE GLI ALTRI AGISCANO SECONDO IL PROPRIO VOLERE (PREVARICAZIONE)
  8. COLPEVOLIZZARE ED INFERIORIZZARE GLI ALTRI
  9. SENTIRSI IN DIRITTO DI GIUDICARE TUTTO E TUTTI

  1. INCAPACITÀ DI PARTIRE DAL LIVELLO OPERANTE ALTRUI

Dire "mi piace / non mi piace" è assertivo. Dire "è buono / non è buono" è aggressivo — stiamo giudicando anche per gli altri con i nostri parametri. Una persona può dire "la cucina macrobiotica è disgustosa", in realtà è a lui che non piace. In verità è, se la cucina macrobiotica ha un suo grosso mercato, è perché vi sono milioni di persone a cui piace.

Le persone aggressive devono imparare a distinguere tra le loro opinioni e la realtà oggettiva: le cose non sono "buone / cattive" di per sè stesse, sono tali agli occhi di chi le giudica. È un nostro diritto giudicare per noi stessi, ma non per gli altri.

La figura 2 mostra la dinamica della relazione sociale che rinforza il comportamento aggressivo:


Fig.2

Legenda:

  • A = soggetto aggressivo
  • P = soggetto passivo

  • Rinforzo positivo (Sr+): qualunque evento che segue un comportamento e ne aumenti la probabilità di futura emissione.

  • Rinforzo negativo (Sr-): qualunque comportamento che sopprima un evento nocivo.

IL COMPORTAMENTO ASSERTIVO

La persona Assertiva si colloca tra il Passivo e l’Aggressivo: non è limitata dagli schemi mentali che caratterizzano il Passivo e l’Aggressivo. Egli non attribuisce realtà ai comportamenti aggressivi e quelli passivi: egli sa che entrambi sono solo il risultato di limitazioni; sa che le limitazioni possono essere superate ed il disagio vinto.

COMPORTAMENTI ASSERTIVI:

  1. RISPETTARE GLI ALTRI, I LORO DIRITTI E LE LORO OPINIONI
  2. NON PERMETTERE AGLI ALTRI DI ESSERE AGGRESSIVI NEI NOSTRI CONFRONTI (NON SUBIRLI)
  3. DISPONIBILITÀ A MODIFICARE LE NOSTRE OPINIONI
  4. NON ESIGERE CHE GLI ALTRI SI COMPORTINO COME NOI VORREMMO
  5. NON ESSERE POSSESSIVI VERSO LE PERSONE CHE CI CIRCONDANO
  6. NON SENTERSI IN DIRITTO DI GIUDICARE GLI ALTRI
  7. CAPACITÀ DI PARTIRE DAL LIVELLO OPERANTE ALTRUI

L’Assertivo, non cogliendo la "sfida" dell’Aggressivo, e non infierendo sul Passivo, è in grado di gestire in modo efficace le relazioni umane. Non cadrà nella trappola dello pseudo-benessere. È infatti utile rendersi conto di come ci si relaziona alle situazioni di benessere. Anche se esse non sono per noi causa diretta di disagio sociale possono tuttavia contenere schemi comportamentali ed assunzioni erronee che sono alla base di altri disagi.

Si rifletta sulla differenza che divide queste due affermazioni d’amore:

"Tu mi fai stare bene!"

"Stare con te mi fa sentire bene!"

La prima delle due affermazioni è centrata sull’altro, conferendogli potere sulle nostre emozioni. La seconda affermazione è una corretta valutazione di come noi viviamo il rapporto con l’altro. Molte delusioni nei rapporti affettivi sono dovute ad un errato modo di rapportarsi all’altro

LA SCELTA DI VITA ASSERTIVA

I concetti finora espressi sono strumenti con i quali possiamo difenderci ed affermarci nella vita: dobbiamo decidere in prima persona, dipenderà da noi trasformarla in una favola o in un incubo

Dovremmo imparare a saper scivolare lungo il flusso della vita come suggerisce Siddharta: senza ansia, senza fretta, limitandoci a selezionare ciò che ci avvicina ai nostri obiettivi e scartando ciò che ci allontana da essi. Così facendo, agendo con tale pace d’animo, ci renderemo presto conto che non siamo noi a muoverci nella vita: è l’universo che ruota intorno a noi. Questo forse è il vero segreto della Magia: non lasciare che sia l’ambiente ad influenzare noi, ma essere noi a influenzare l’ambiente. Dovremmo preoccuparci solo di essere noi stessi, il resto verrà da sé. La selettività discriminativa farà si che saranno i nostri obiettivi a venirci incontro. Questo è possibile se saremo vigili verso i mutamenti nell’orizzonte degli eventi e dentro di noi. L’assertivo sa cosa vuole, e lo otterrà per la via più breve.

Ecco alcune caratteristiche dell'assertivo:

  1. Si pone obiettivi "ecologici ".

È la chiave del successo a lungo termine. Questo richiede un pensiero strategico, per obiettivi. Essi possono essere applicati sia su microscala (per affrontare specifiche situazioni) che su macroscala (per pianificare la nostra vita, la nostra evoluzione).

Dalla teoria generale dei sistemi (von Bertalanffy) discende una visione dell'uomo come sistema aperto composto da sistemi interni in sinergia tra loro: cognitivo, emozionale, comportamentale. Egli interagisce con l'ambiente esterno, strutturato anch'esso in sistemi: famiglia, scuola, lavoro, sociale, comunitario e globale. Questi sistemi formano un’ecologia. Qualsiasi cambiamento avvenga in uno di essi, può ripercuotersi sull'ecologia personale, cambiando la qualità della vita. Lo stato di un sistema può essere caratterizzato da processi conservativi morfostatici o da processi evolutivi morfogenetici (Maruyama).

Un obiettivo è ecologico se produce benessere. Difendere l'equilibrio del sistema (omeostasi) può essere saggio quanto modificarlo (omeostasi evolutiva). I bisogni personali, la capacità di discriminare l'ambiente, l'auto-osservazione, le risorse personali (strategie), l'epistemologia individuale sul mondo, i limiti obiettivi a cui siamo sottoposti, determineranno le scelte che verranno fatte.

Secondo Bateson non esiste un modo migliore di un altro per organizzare e suddividere la realtà. Un "sano" relativismo culturale vi sarà di aiuto nella scelta degli obiettivi funzionali al vostro benessere. Avere valori in cui credere è importante. Essi sono come stelle nel cielo dell'esistenza: orientano il cammino verso la nostra "realizzazione". Non dobbiamo Tuttavia dimenticare che i nostri valori sono appunto "nostri" e non necessariamente i valori degli altri.

2) Esercita l'autocontrollo cognitivo sugli obiettivi (Bandura, Kanfer).

Self-efficacy (auto-efficacia) : crearsi corrette aspettative, essere all’altezza delle scelte operate, ragionare per obiettivi realistici, senza provare ansia o disagio e nel rispetto delle " regole ".

Self-monitoring (auto-monitoraggio): saper osservare il proprio ruolo e i propri obiettivi. Sovente un obiettivo legittimo è troppo arduo e sconvolgente per il nostro ecosistema. La sua scomposizione in sotto-obiettivi lo rende realizzabile (analisi dell'obiettivo).

Self-evaluation (auto-valutazione): essere in grado di attribuire il successo e l'insuccesso ai veri agenti di esso (a se stessi o gli altri). L'incapacità a discriminare, la presenza di idee irrazionali e di nevrosi, rendono questo piuttosto arduo.

Self-reinforcement (auto-rinforzamento): è buona regola gratificarsi quando si raggiunge un obiettivo, anche se minimo. Potete limitarvi a dire a voi stessi che siete stati " in gamba ", o concedervi una qualsiasi gratificazione. Questo consolida e incrementa i vostri comportamenti positivi.

3)Possiede inoltre le seguenti competenze:

Autonomia emotiva : tutte le emozioni possono interferire negativamente se la loro base biologica prevarica il controllo razionale; è inoltre importante non far dipendere le nostre emozioni dalla volontà altrui.

Libertà espressiva: è la capacità di comunicare emozioni e affetti. Nelle relazioni umane è di fondamentale importanza per avere un buon rapporto.

Consapevolezza dei diritti della persona: è la bussola dei rapporti sociali. Implica il rispetto di sé e degli altri. Rende il nostro agire chiaro e libero dai sensi di colpa.

Autostima: discende da una positiva immagine di sè. Chi stima sè stesso è disponibile a stimare gli altri, questo crea la premessa per un corretto rapporto.

Capacità di autorealizzazione: implica la padronanza di tutti i precedenti prerequisiti, delle capacità di auto-controllo cognitivo e di strategie idonee. È un'abilità complessa che agisce su tutti i sistemi interni: il sistema nervoso autonomo che regola le emozioni, quello cognitivo che regola i pensieri, quello motorio che regola i comportamenti volontari. Inoltre può modificare significativamente quelli esterni più prossimi come quello familiare e sociale.

 

Le cause dell'anassertività, sinteticamente, sono:

Mancato apprendimento: molte persone sono cresciute in contesti carenti di modelli assertivi, così non hanno avuto la possibilità di apprendere le abilità sociali in modo sufficiente.

Inibizione ansiogena: altre persone pur possedendo le competenze sociali non riescono ad esercitarle perché soggette alle interferenze dell'ansia che le inibisce. In questa tipologia troviamo i passivi, la quota più rilevante degli anassertivi che chiede aiuto.

Discriminazione errata: l'interazione sociale fallisce se una persona non ha le sufficienti capacità attentive per discriminare le informazioni rilevanti che provengono dall'ambiente e rispondervi adeguatamente.

Individuare le cause vi sarà di aiuto per capire quale tipo di lavoro dovrete fare su voi stessi. Vi sono diversi paradigmi a cui potrete ispirarvi:

condizionale: di stampo neocomportamentale; da molta importanza ai risvolti ansiogeni, al controcondizionamento e al locus of control (i pensieri che generano ansia ed errori);

cibernetico : proposto da Holding e Welford. Nel quadro della teoria dei sistemi, privilegia l'apprendimento dei percorsi gerarchici più idonei per raggiungere gli obiettivi senza commettere errori, ponendo in primo piano il ruolo dell'informazione;

esperienziale: ha le sue radici nello psicodramma, nel gioco dei ruoli; pone l'enfasi sulla unicità dell'esperienza e sul suo significato;

teleologico cognitivo : è centrato sull'analisi dell'obiettivo da raggiungere nel rapporto sociale per la via più breve a scapito dei fattori non cognitivi.

Tutto questo non ci deve far dimenticare che l'assertività è da considerarsi un modello interpretativo della realtà. In esso confluiscono contributi sperimentali validi che lo rendono affidabile, tuttavia l'esperienza e il buon senso sono ancora un valido supporto.

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