Punizione

Claudio Ajmone

Dalla rivista Psicologia e Scuola
numero 15, Giugno-Luglio 1983, Giunti Barbèra ed.




La punizione è un processo atto ad indebolire o sopprimere un comportamento. Gli elementi costitutivi di questo processo sono:

1) Uno stimolo o evento punitivo.

2) Un comportamento.

Questi elementi sono legati da una precisa sequenza temporale così schematizzabile:

FASE 1: inizio e termine del comportamento che verrà punito

FASE 2: inizio contingente e termine dello stimolo o evento punitivo

Le due fasi sono contigue ma non si sovrappongono. Qualora ci sia sovrapposizione, il paradigma non è più quello della punizione, ma di controcondizionamento. Le due fasi sono separate da un lasso brevissimo di tempo.

Natura dello stimolo o evento punitivo



Per quanto possa sembrare strano uno stimolo è da considerarsi punitivo non in virtù del fatto che è intrinsecamente aversivo (spiacevole), ma solo se riduce la frequenza di un comportamento. Sono numerosi i casi in cui uno stimolo generalmente ritenuto spiacevole non riduce la frequenza di un comportamento, e uno stimolo generalmente appetitivo (piacevole) può invece ridurla. Attenendosi a quanto detto sopra, il processo punitivo lo si può definire come segue: «Qualsiasi stimolo e evento che segue immediatamente un comportamento e che ne riduce la futura probabilità di comparsa è punitivo».


Natura del comportamento



Finora ho parlato di comportamento, e non di comportamento inadeguato, scorretto, ecc.; ciò per due motivi:

1) da un punto di vista tecnico la punizione si può attuare su qualsiasi comportamento;

2) definire un comportamento come inadeguato significa fare non una operazione scientifica ma un’analisi socio culturale.

È ancora molto diffusa la consuetudine di parlare della punizione esplicitando la natura aversiva dello stimolo o evento nonché la inadeguatezza del comportamento punito. In questa accezione la punizione è definibile attraverso due modalità:

A) Somministrazione di uno stimolo aversivo contingentemente ad un comportamento inadeguato. (Es.: Il bambino dice una parolaccia e la mamma lo rimprovera).

B) Sottrazione di rinforzatori (cose o eventi piacevoli) contingentemente alla emissione di un comportamento inadeguato. (Es.: L’alunno fa il buffone durante la spiegazione e la maestra lo informa che non farà l’intervallo).

Le strategie punitive di tipo A non prendono generalmente nomi specifici. Quelle di tipo B assumono nomi specifici quali time-out, costo della risposta, estinzione, ecc. L’accordo fra gli studiosi in merito all’uso di queste etichette non è umanime.


Eifficacia della punizione



La punizione è efficace se si verificano almeno tre condizioni:

1) è molto intensa,

2) è data immediatamente,

3) è data sempre.

Come si può intuire, sono condizioni difficilmente attuabili fuori dal laboratorio di psicologia. Motivi morali e ideologici ne impedirebbero comunque l’attuazione. Potrebbero inoltre insorgere spiacevoli effetti collaterali, quali aggressività, depressione, fobie, depauperamento nei rapporti interpersonali, attitudine alla bugia, ecc.

Qualora la punizione venga somministrata non rispettando rigorosamente le tre condizioni citate l’effetto sarà il seguente:

1) il comportamento indesiderato sarà soppresso solo temporaneamente; ciò significa che si dovrà punire ad intermittenza ed in continuazione; ci sarà

2) assuefazione alla punizione; ciò significa che dovremo punire sempre più intensamente.

In sintesi, si può dire che la punizione è una strategia sconsigliabile per risolvere i problemi, specialmente quella di tipo A. La punizione di tipo B, quando non è troppo intensa, può essere utilizzata in campo educativo purché accanto alla punizione si attuino strategie non punitive atte a dare al soggetto la capacità e abilità di emettere comportamenti alternativi a quello punito.