Per un confronto fra le varie psicoterapie
cognitive e cognitivo-comportamentali


Cesare De Silvestri

Dalla rivista "Psicoterapia Cognitiva e comportamentale", 1995, vol.1, n 1, UPSEL editore




Riassunto

Vengono prese in esame alcune somiglianze e differenze tra le varie psicoterapie cognitivo comportamentali con l'intento di sollecitare una più approfondita analisi e discussione sull'argomento data anche la scarzezza di studi e ricerche comparative sull'efficacia relativa di queste psicoterapie. Viene suggerito che per il momento si potrebbe tentare di individuare piu precisamente le loro maggiori concordanze e divergenze in tema di teoria e di prassi psicoterapeutica. Un passo successivo potrebbe essere quello di cercar di capire quali metodi funzionano meglio con quali tipi di problemi ed in quali condizioni. In prospettiva sarebbe forse possibile elaborare un quadro teorico di riferimento generale capace di sussumere in modo coerente i vari indirizzi di psicoterapia cognitivo-comportamentale.



Parole chiave:
Cognitivismo, Eclettismo, Psicoterapie cognitivo-comportamenetli Ristrutturazione cognitiva.





Le scuole di psicoterapia che vengono definite cognitive o cognitivo-comportamentali sono ormai oltre una decina, e fra le più diffuse ed affermate che conosco meglio posso citare la Rational-Emotive Therapy(:RET) di Ellis, recentemente divenuta Rational-Emotive-Behaviour Therapy (REBT), la molto simile Rational Behaviour Therapy (:RBT)) di Maultsby (che ha lavorato a lungo d'intesa con Ellis ed ha ideato ed elaborato con lui particolari tecniche immaginative), la Personal Construct Therapy (PCT) di Kelly, la Multimodal Therapy (MT) di Lazarus, e la Cognitive Therapy (CT)di Beck. Altre più recenti, ma non perquesto meno significative nel panorama della psicoterapia cognitivista, sono la Cognitive-Behaviour Modification (CBM) di Meichenbaum, la Structural Cognitive Therapy (SCT) di Liotti, e la Cognitive Appraisal Therapy (CAT:) di Wessler.

Altre ancora sono infine la Cognitive-Hehavioural Hypnotherapy (CBH) di Golden, filiazione relativamente diretta della RET, e la Interpersonal Cognitive Problem Solving Therapy (ICPST), riferibile ai molti noti autori che nel tempo si sono occupati della questione del problem solving, ma che oggi ha trovato la sua più recente formulazione in Platt, Spivack, e Shure. Dato il comune riferimento esplicito o implicito al cognitivismo, c'è da domandarsi in che cosa queste diverse psicoterapie si differenzino l`una dall altra. Un volume che cerca di dare risposta a tale domanda, e dal quale ho tratto stimolo per questo articolo nonché buona parte dei suoi contenuti, è quello di Dryden e Golden citato in bibliografia.

Sono stati infatti gli argomenti trattati da questi autori che mi hanno spinto a cercare di capire se le particolari caratteristiche con cui si presentano le varie scuole sono veramente così importanti da rendere molto diversa la psicoterapia che in ultima analisi riceve il paziente oppure se si tratta soltanto di differenze teoriche o addirittura nominalistiche. Potrebbe infatti darsi che tutte queste psicoterapie in realtà offrano lo stesso tipo di trattamento ma lo spieghino in modo diverso e con termini diversi. Quasi tutte le scuole citate sopra si riconoscono infatti più o meno apertamente una certa dose di eclettismo. Ma se le cose stanno così, e queste psicoterapie sono fondamentalmente eclettiche, allora quanto si differenziano tra loro nella pratica effettiva?

E le differenze che presentano sono in realtà tali da giustificare l'esistenza di scuole diverse? D'altra parte, se invece tali differenze fossero reali e importanti, sarebbe sbagliato considerare le varie scuole come se fossero un unico sistema di psicoterapia ancorché variamente denominato. Se non riconoscessimo differenze fra le varie forme di psicoterapia cognitiva, bisognerebbe concludere che una vale l'altra, che sono tutte interscambiabili ed ugualmente efficaci con gli stessi tipi di problemi e con gli stessi tipi di pazienti .

Per contro, potrebbe invece risultare che alcune di esse si dimostrino più efficaci con certi tipi di problemi, ovvero con certi tipi di pazienti. E allora sarebbe opportuno differenziare precisamente i campi preferenziali di applicazione e la relativa efficacia di ognuna sotto il doppio profilo del tipo di problema e del tipo di paziente. Si tratta di questioni molto importanti e complesse, ma purtroppo per ora mancano studi comparativi e ricerche controllate sull'efficacia dei vari metodi di psicoterapia cognitiva di fronte alle varie manifestazioni del disagio psicologico. La letteratura disponibile è piuttosto scarsa e non di rado poco attendibile. Come sostiene anche Wessler nella sua disamina critica di tali studi citata in bibliografia, basti dire che spesso i 'ricercatori" definiscono erroneamente la psicoterapia che stanno usando e quelle che stanno comparando.Dicono, per esempio, di usare la RET ma invece usano un'altra psicoterapia.

Oppure, sempre per restare nel settore di mia più specifica competenza, alcuni di questi ricercatori usano la RET ma sono inesperti,non hanno seguito un training RET, e quindi non la sanno usare bene. Credono di discutere un'idea irrazionale ("Ho bisogno di essere amato,altrimenti è terribile"), mentre invece si fermano alle inferenze ("Nessuno mi ama"). Pur con questa riserva, e nei limiti di una panoramica molto sommaria su alcuni aspetti della prassi ed alcuni principi generali delle varie teorie, vorrei tuttavia accennare ad una serie di considerazioni che mi sembrano importanti per un eventuale più dettagliato confronto. Senza alcuna pretesa di essere esaustivo, offro questi spunti di riflessione a chi avrà la capacità e l'interesse ad approfondire l'argomento in modo più documentato e formale.

Una prima considerazione riguarda il fatto che tutte queste psicoterapie cognitive cercano di addestrare i pazienti all'auto-osservazione (self-monitoring). Alcune usano appositi moduli stampati, altre lo fanno in modo più informale ma sarebbe difficile immaginare una psicoterapia cognitiva che non cercasse di incoraggiare e favorire l'introspezione e l'auto-consapevolezza dei pazienti. L'unica differenza sembra riguardare il tipo di cognizioni che i pazienti vengono addestrati a ricercare. La RET vuole naturalmente che il paziente si accorga della sue idee `irrazionali",o piuttosto "disfunzionali", cioè dogmatiche e assolutistiche (doveri, bisogni, auto ed etero-valutazioni globali, eccetera), mentre la CT di Beck si accontenta dei pensieri automatici e degli errori di ragionamento (esagerazioni, ipcrsemplificazioni, premesse false, conseguenze sbagliate, procedimenti illogici, ipergeneralizzazioni, pensiero dicotomico, ecc.).

La PCP si preoccupa di individuare i costrutti e le loro relazioni reciproche nel sistema cognitivo dei pazienti, mentre la CAT di Wessler chiede invece che i pazienti stiano attenti a individuare le loro regole di vita. C'è da domandarsi se non si tratti in fondo di una ricerca diretta agli stessi obiettivi. Sembra in realtà che vengano presi in esame gli stessi processi psicologici ma che la loro descrizione riguardi aspetti diversi o diversi derivati delle stesse costruzioni cognitive. Tutte queste psicoterapie usano poi qualche metodo, procedura o tecnica per ottenere dei cambiamenti cognitivi. Procedure e tecniche possono essere diverse, ma sembra che il metodo scelto dipenda più dallo stile personale del terapeuta che dall'orientamento teorico della scuola a cui appartiene.

Io uso la RET ed ho uno stile piuttosto vivace, diretto e talvolta abrasivo, ma altri colleghi della mia stessa scuola usano invece di preferenza il dialogo socratico e un atteggiamento meno attivo, più dolce e più diluito nel tempo. I metodi di ristrutturazione cognitiva sono molto numerosi, circa una trentina, ma nessuno di essi rappresenta dominio esclusivo di una specifica psicoterapia cognitiva. Sono soltanto modi diversi di ottenere un cambiamento nel modo di pensare del paziente. Ogni psicoterapeuta potrà avere le sue preferenze, ma i metodi in se stessi sono quasi tutticompatibili con qualsiasi teoria di scuola. Come abbiamo visto, le differenze riguardano semmai i tipi di cognizioni disfunzionali che vengono presi di mira.

E stante questa attenzione preferenziale a vari tipi di cognizione la RET dedicherà larga parte dei suoi interventi alla discussione e messa a cimento pratico delle idee "irrazionali" codificate da Ellis. La CT di Beck affronterà invece i pensieri automatici e gli errori di ragionamento. La PCP interverrà su i ''costrutti", le loro relazioni reciproche e le loro capacità predittive, mentre la CAT si occuperà piuttosto delle regole che il paziente impone alla sua vita e della loro relativa efficacia. Un'altra differenza che si può rilevare è forse quella che riguarda il contesto in cui viene effettuata la ristrutturazione cognitiva. Alcune psicoterapie, come ad esempio la RET di Ellis, la CAT di Wessler , la CT di Beck , privilegiano un contesto prevalentemente anche se non esclusivamente verbale. (A questo proposito basti ricordare il principio dell'intervento cosiddetto "a tridente", cognitivo-emotivo-comportamentale, della RET. )

Altre psicoterapie mirano piuttosto alla modificazione delle auto-descrizioni da parte del paziente, pur non trascurando di cercare di indurre in lui un atteggiamento attivamente sperimentale e pratico di confronto sulle sue capacità di previsione della realtà. Altre ancora incorporano la ristrutturazione cognitiva in un intervento multimodale con massiccia presenza dei tradizionali metodi behaviouristici(rilassamento,desensibilizzazione, modeling ecc.). C'è di nuovo da domandarsi se non si tratti in fondo di un intervento effettuato con modalità in parte diverse ma diretto agli stessi obiettivi. Posso soltanto ripetere quanto scritto poche righe più sopra: e che cioè in realtà sembrano in gioco gli stessi processi cognitivi e che l'attenzione venga focalizzata su diverse espressioni o su diversi derivati deduttivi o induttivi delle stesse idee.

Un'altra caratteristica comune di queste psicoterapie è il fatto che tutte cercano di preparare i pazienti alle situazioni patogene o di crisi mediante qualche metodo di simulazione reale e immaginaria. I metodi possono essere diversi (esercizi di immaginazione con o senza rilassamento affermazioni di capacità, ipnosi,simulazioni in seduta, stress-inoculation, esercizi di comportamento, ecceterá, eccetera), ma lo scopo a cui tendono le varie procedure e tecniche impiegate sembra in realtà identico: un diverso e più funzionale atteggiamento cognitivo-emotivo-comportamentale di fronte alla situazione data. Tutte queste psicoterapie sottolineano l'importanza dell'homework. I compiti possono esser diversi, ma quasi tutti sono di natura cognitiva o comportamentale o di entrambi i tipi, e spesso, specie nella RET, con importanti elementi di partecipazione e coinvolgimento emotivo.

Non tutte usano l'homework in modo sistematico, ma si cerca in ogni caso di mantenere un ritmo di lavoro che non si limiti al tempo della seduta e che abbia invece un qualche elemento di attività personale del paziente anche nell'intervallo fra una seduta e l'altra. Propongo questi primi punti di partenza a chi vorrà continuare nella ricerca di altre differenze tra le varie psicoterapie cognitive, ma pur nei soggettivi limiti delle mie conoscenze e della mia esperienza, e con la piu aperta disponibilità a venire smentito, mi sembra di poter avanzare l'ipotesi che altre apparenti differenze potrebbero in realtà dipendere da preferenze cliniche di strategia e di tecnica piuttosto che da fondamentali divergenze d'impostazione generale. Resta da domandarsi se però esistono sostanziali differenze teoriche fra le varie scuole di psicoterapia cognitiva o cognitivo-comportamentale.

L'eclettismo non è precisamente una posizione teorica ma ovviamente ha importanti impliciti riflessi sull'atteggiamento delle varie scuole nei confronti della teoria originaria. Ora quasi tutte le scuole lo ammettono direttamente o indirettamente con maggiore o minore enfasi e riconoscimento. C'è tuttavia da distinguere fra un eclettismo puramente tecnico ed un eclettismo sottoposto a severi criteri di fondamentalismo teorico. Quello tecnico si limita ad usare procedure e tecniche psicoterapeutiche di altre scuole soltanto perché risultano efficaci, senza preoccuparsi di altro. Quello strettamente teorico non farebbe mai una cosa del genere ed accetterebbe tecniche estranee soltanto se potessero venire perfettamente integrate nella teoria della scuola di appartenenza.

Un terzo atteggiamento che sembra più pragmatico, duttile e tollerante, senza scadere nell'ambiguità o nella flagrante contraddizione teorica, è forse quello della RET, e anche della Psicoterapia dei Costrutti Personali, che può essere definito come "eclettisno tecnico ma teoricamente coerente" - nel senso che si da molta attenzione al fatto che le strategie e le tecniche prese, per così dire, in prestito siano compatibili con i principi della teoria generale della scuola di appartenenza. Alcune divergenze teoriche tuttavia esistono, e rappresentano importanti differenze tra le varie scuole. Diverso è il modo di costruire modelli del funzionamento dell'essere umano, diversa la gerarchia e l'inter-relazione reciproca attribuita ai vari aspetti di tale funzionamento. Malgrado ciò, si può tuttavia dire che tutte queste psicoterapie si rifanno al classico modello S-O-R. Tipico sotto questo riguardo è il modello A-B-C della RET.

Le differenze sono semmai nel modo diverso di concettalizzare l'0 del modello S-O-R. Nella RET si tratta delle idee irrazionali. Nella CT di Beck sono gli errori di pensiero e ragionamento che abbiamo visto prima. Nella CAT di Wessler sono le regole di vita. Nella CBM di Maichenbaum sono le auto-istruzioni. Nella PCT di Kelly sono i costrutti personali. Nella ICPS sono le deficienze dei processi di problem solving. Una di tali differenze teoriche si può rilevare nell'importanza attribuita all'indagine sul passato del paziente e alla sua storia di sviluppo. La RET, insieme ad altre psicoterapie cognitive o cognitivo-comportamentali, non ritiene che i precedenti storici del problema in esame né le altre precedenti vicissitudini del paziente abbiano un ruolo determinante nell'origine del problema e nel suo mantenimento.

Altre psicoterapie cognitive, e segnatamente la SCT di Liotti, ne sostengono invece un'essenziale significatività, ne fanno oggetto di accurato studio e raffinati tentativi di ricostruzione mnestica. Tale differenza non può fare a meno di avere un qualche riflesso sulla strategia d'intervento e sulle scelte tecniche, ma con tutta la buona volontà non riesco a vederci un crinale assolutamente discriminante fra le varie scuole. C'è invece da notare un'importante somiglianza teorica nella distinzione che quasi tutte le. scuole fanno tra i livelli dei processi cognitivi, e precisamente tra quelli consapevoli o consci (selfstatements, dialogo interno, pensieri automatici, eccetera) e le strutture cognitive che sono generalmente inconsapevoli o almeno non immediatamente accessibili alla consapevolezza (gli "schemi" di Beck, le convinzioni irrazionali di Ellis, le regole automatiche e il sistema di concetti e giudizi di Meichenbaum, ecc.). La differenza risiede soltanto nel modo in cui le varie teorie concepiscono queste strutture cognitive meno consapevoli o inconsapevoli. Ma si tratta veramente di cose diverse, oppure di un modo diverso di chiamarle? Bisogna tuttavia tener presente che non tutte le teorie sostengono che siano queste strutture a provocare più o meno direttamente i disturbi emotivi. E soltanto alcune hanno superato o cercano di superare la vecchia e probabilmente falsa distinzione fra emozioni e cognizioni, ovvero fra emozioni, cognizioni e comportamenti. A questo punto, e per quanto sommaria si voglia giudicare l'indagine, mi sembra comunque di poter provvisoriamente concludere che le differenze piu rilevanti tra le varie psicoterapie cognitive non sono tanto quelle riscontrabili nelle loro prassi generale d'intervento, ma semmai quelle che si possono individuare nelle teorie usate per spiegare e giustificare tali prassi.

E' ben vero che alcune tecniche e procedure distinguono e in certa misura caratterizzano la pratica clinica di alcune scuole. La discussione delle idee irrazionali nella RET, la REI (:Rational-Emotive Imagery) nella CBT di Maultsby, la terapia dei ruoli fissi nella PCT, eccetera, si possono considerare come specifiche di queste singole psicoterapie. Ed è vero che tali tecniche vengono strettamente collegate alla teoria di quella particolare scuola. Ma d'altra parte è altrettanto vero che tutte possono venire abbastanza agevolmente incorporate dalle teorie di quasi tutte le altre scuole. Viene il sospetto che allora una tecnica può dimostrarsi efficace per motivi che sono indipendenti da quelli avanzati dalla teoria che l'ha originariamente elaborata. E da un punto di vista clinico è pur vero che sarebbe molto più importante sapere quale tecnica sia più efficace con quali problemi, con quali tipi di pazienti e in quali condizioni, piuttosto che arrivare a stabilire quale teoria spieghi più correttamente perché quella tecnica è efficace.

S'intravede in prospettiva una possibile integrazione unitaria delle varie psicoterapie cognitive nell'ambito di una larga e duttile convengenza su alcuni assunti fondamentali. Dryden e Golden avanzano infatti una dettagliata base d'intesa precisandone gli ambiti relativi alla relazione terapeutica, alla scelta degli obiettivi, al ruolo dello psicoterapeuta alla strutturazione delle sedute, all'assessment e alla concettualizzazione dei problemi, alla scelta di strategie e tecniche, al superamento delle eventuali resistenze al cambiamento e fino alla stabilizzazione e mantenimento dei progressi. Per il momento vorrei chiudere questo breve articolo, che può venir considerato come una semplice introduzione all'argomento assai più vasto e complesso del confronto fra le varie psicoterapie cognitive e cognitivo-comportamentali, con la proposta di approfondire il discorso e la discussione prendendo in esame più dettagliatamente la comparazione fra di esse, sull'esempio di quanto, nei limiti delle mie conoscenze, mi risulta abbiano già cercato di fare altri autori (Dryden, Dryden e Golden, Ellis) nei lavori citati in bibliografia. E mi offro di contribuire a tale impresa con un prossimo articolo sulle somiglianze e differenze delle due psicoterapie con cui ho maggiore confidenza: la RET di Ellis e la PCP di Kelly.