Documento S.I.P.S.O.T. presentato alla seconda giornata di preparazione della Conferenza Nazionale Sulla Promozione della Salute Mentale. La giornata di studio si è svolta a Rimini il 23/09/2000 ed aveva come titolo: "La Promozione della Salute Mentale in Eta' Evolutiva"


 L’APPROCCIO PSICOLOGICO AI SERVIZI PER LA TUTELA DELLA SALUTE MENTALE IN ETÀ EVOLUTIVA


 a cura di Diego Garofalo


(Responsabile Attività Psicologiche Area Tutela Salute Mentale in Età Evolutiva ASL Roma B)

A) Ambiguità e limiti dell’attuale caratterizzazione dei Servizi T.S.M.E.E.


1. La dizione di "salute mentale" si può giustificare soltanto alla luce di una sorpassata dicotomia corpo-mente, biologico-psichico, che si riversa totalmente nell’organizzazione e nell’operatività sanitaria attuale. Che continua a privilegiare gli aspetti della malattia, della cura, dell’ospedalizzazione; e che se da qualche anno ha preso coscienza della complessità del disagio mentale, ha cercato di rispondervi creando un apposito servizio di "salute mentale" a forte caratterizzazione psichiatrica, oscillante tra cura farmacologica e cura sociale.

È evidente che, approfondendo ciascuno dei due termini "salute" e "mente", essi risultano coincidenti, come dimostra la più moderna concezione epistemologica, in parte ripresa operativamente dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità. La salute è una condizione di equilibrio armonico tra tutti gli aspetti della persona in relazione con sé, gli altri, l’ambiente che la circonda; e la mente, come insegnano anche i moderni biologi (Maturana e Varela, 1980), è un sistema che si autoorganizza e si autocorregge in base alle differenze percepite e ricorsivamente elaborate nel rapporto con altri sistemi o strutture anche interne.

È allora ovvio che il concetto di salute passi da una connotazione di "obiettivo" primariamente assegnato agli operatori sanitari ad un’altra di "processo continuo" che implica primariamente l’attivazione di tutte le risorse interne ed esterne dell’individuo per una sua crescita autentica, armonica ed integrale. Addirittura al modello epistemologico di salute come integrazione armonica dei vari aspetti biopsicosociali della persona si preferisce oggi, in una considerazione di maggiore complessità, il modello cosiddetto auto-eco-sistemico: nel quale il prefisso "auto" sottolinea i processi auto-organizzativi, il prefisso "eco" sottolinea i processi interattivi, e l’aggettivo sistemico quelli ricorsivi (Garofalo, 1996).

Peraltro allo psicologo che oltre all’approccio clinico e di comunità crede anche psicoanaliticamente nella duplicità del sistema mentale conscio ed inconscio, viene pure incontro la suddetta moderna concezione biologica che fa dire ad un Bateson come sia importante allargare la concezione dell’inconscio per attingere a tutta la varia saggezza accumulata dall’umanità (Bateson, 1972, p.453, 479s., 508).


Questa concezione auto-eco-sistemica della salute vale, in particolare, per l’età evolutiva (ma si ricordi che la crescita dura tutta la vita). Anzi la salute in età evolutiva può assurgere a modello paradigmatico dell’intera operatività sanitaria, in quanto è più evidente che per assicurare il benessere al bambino bisogna considerare non soltanto i possibili rischi e le possibili malattie di natura fisica, ma bisogna considerare l’interezza della sua situazione-in-rapporto e quindi l’intervento per la sua "salute" tout court si identifica in un lavoro di rete (famiglia, scuola, servizi sanitari, ambiente sociale) e a vari livelli (educativo, sanitario, sociale, culturale).

Il processo di salute del minore si identifica, soggettivamente, nel progressivo suo processo di crescita, da sostenere e promuovere unitariamente valorizzando la sua capacità di sviluppo ed autoorganizzazione (e quindi la sua autonomia), potenziando le risorse familiari, assicurando adeguate condizioni ambientali, agendo sui valori e le dinamiche socioculturali.


2. Purtroppo l’attuale organizzazione sanitaria non riesce a tener conto di tutto questo, ed anzi tende ad accentuare le antiche dicotomie che causano ambiguità, povertà operativa e sterile contrapposizione tra figure professionali di pari rilevanza sanitaria irregimentate in una rigida gerarchia.  Ne è una prova il recente Progetto Obiettivo Salute Mentale in Età Evolutiva, in cui ad es. emerge un approccio alla salute mentale ridotto ad "assistenza neuropsichiatrica in età evolutiva" (paragrafo 8); in cui, mentre timidamente si affaccia una più auspicata collaborazione tra strutture ospedaliere, ambulatoriali e territoriali, sembra che le varie problematiche evolutive diventino aspetti a sé stanti ed appannaggio di aree e strutture ancora rigidamente intese; in cui, pur facendo cenno alla doverosa collaborazione con gli Enti Locali, l’accento è quasi esclusivamente posto sull’handicap, la patologia, la vasta gamma della classe "neuro" (neurologia, neuropsichiatria, neuropsicologia, neuromotricità).
 

B) Proposte per una più efficace valorizzazione dell’intervento psicologico nei Servizi T.S.M.E.E.

1.Anzitutto va ribadita la necessità di una più precisa definizione epistemologica insita nella operatività dello psichiatra e in quella dello psicologo. Se è vero che è non è nell’interesse di alcuno  continuare manicheisticamente a contrapporre il modello medico-biologico a quello psico-sociale e che quindi è auspicabile quanto meno un processo di reale integrazione tra i due approcci storicamente delineatisi perché almeno insieme nell’attuale organizzazione sanitaria si possa rispondere all’intrinseca unitarietà mente-corpo e mente-natura, bisogna però sottolineare due condizioni o prerequisiti di base.

Anzitutto occorre rivendicare, per quanto riguarda l’operatività dello psicologo, la specificità epistemologica basata sul "soggetto", proprio mentre la cura psichiatrica sembra si stia sempre più avvicinando a concezioni comportamentiste tipiche del pragmatismo americano (Roudinesco, 1999); una specificità che si distingue anche dall'impostazione prettamente biologica o sociologica della psichiatria nostrana.

Nella prospettiva psicologica "è la stessa condizione di crisi come transito da una forma di equilibrio ad una nuova forma a poter essere soggettivamente vissuta come salute in divenire, anche se questo transito comporta uno stato di sofferenza diffuso o particolarmente localizzato in uno specifico distretto biologico, ovvero cognitivo. Il problema della terapia si pone allora come quella pratica che, avvalendosi dei mezzi che la cultura scientifica e tecnologica offre come i più adeguati, non si ponga nell’obiettivo di combattere le ‘cause’ di quello stato di sofferenza, ma, al contrario, si ponga nell’obiettivo di facilitare le risorse auto-ri-organizzative autonome (l’autopoiesi) dell’individuo in crisi" (Napolitani, 1993, p.18s.).

A maggior ragione questo vale per ogni intervento più generalmente clinico, psicosociale e di comunità. Peraltro, questo insistere sulle capacità autoorganizzative ed ecosistemiche del soggetto può aiutare finalmente a far cadere, anche a livello di percezione sociale e di operatività sanitaria, quelle pregiudiziali contrapposizioni tra normalità e handicap, tra salute idealmente intesa e stati di malattia, malessere, difficoltà, disagio, tutti ricondotti in una dinamica di processualità individuale e sociale su cui è più facile intervenire.

È altrettanto fondamentale che questa integrazione funzionale con la figura medica avvenga nel riconoscimento di una autentica pariteticità, senza subordinazione di alcuno. Questo implica inevitabilmente un riconoscimento di autonomia non solo professionale, ma anche di gestione, di programmazione, di valutazione, che permette appunto una risposta integrale ai bisogni integrali del soggetto nel processo di recupero o di promozione della salute.


2. Le specifiche direttrici psicologiche di un intervento per la salute nell’età evolutiva in un’ottica di complessità auto-eco-sistemica potrebbero così delinearsi (si tratta di un elenco non esaustivo e con evidenti molteplici intersecazioni):

-l’impegno sugli aspetti preventivi: una prevenzione che non riguardi solo specifici segmenti di patologia, ma inserisca pure il disagio manifesto e latente, i comportamenti e gli stili di vita, i modelli culturali, le capacità di far fronte alle situazioni, ed ancora il sostegno ai processi educativi, socioculturali, di comunità; quindi

-l’impegno per lo sviluppo dei processi di autonomia e di creatività: tenuto conto delle specifiche fasi di sviluppo e delle specifiche problematiche affrontate dal minore sia in generale sia in quello specifico contesto socioculturale; questo implica

-l’impegno per il miglioramento degli ambienti di crescita del bambino: con un adeguato sostegno alla genitorialità, con una promozione delle competenze specifiche degli educatori, con politiche territoriali che veramente rispondano alle esigenze di bambine e bambini; quindi è inevitabile

-l’impegno per un efficace lavoro di rete: tra operatori dei diversi Servizi, Enti ed Istituzioni, ma anche tra medici e pediatri di base ed operatori dei servizi specialistici in un’operatività più integrata che può partire già dai nuovi strumenti informatici; di pari passo è indispensabile

-l’impegno per un efficace lavoro di educazione e promozione della salute: "a fianco dei classici approcci epidemiologici e bio-medici va dato spazio e dignità…ad altri approcci di matrice olistica, opportunamente vagliati, che possano familiarizzare con il pluralismo di attori e di sistemi di salute (e non solo sanitari)… Di conseguenza...il ‘sanitario’ che si pone nel campo dell’educazione e della promozione della salute non può che concepirsi come costitutivamente sociosanitario e non come sanitario prestato al sociale" (Ingrosso, 1994, p.260s.); ma è ovvio che in un sistema sanitario lo psicologo debba assumere

-l’impegno a "prendersi cura" degli aspetti più propriamente patologici, sia fisici che psichici, e di ogni forma di disagio: questo significa molto più che "curare", in quanto risponde meglio alla dimensione globale del soggetto malato incluso il suo contesto ed assicura quella dimensione partecipativa che sostiene il processo di autorecupero dello stesso soggetto; tutto quanto finora esposto implica
-l’impegno per una metodologia basata sulla progettualità: l’unica che può rispondere con criteri di efficacia ai bisogni reali (e non presunti, derivanti cioè da come si sono organizzati i servizi) della persona e della comunità; insieme con

-l’impegno per una metodologia basata sul miglioramento continuo della qualità degli interventi attraverso un sistema di valutazione sia interna che esterna.


Molti di questi interventi che sembrano sovraccaricare indebitamente un già troppo oberato Servizio Sanitario Nazionale in realtà possono essere svolti più efficacemente ed economicamente riducendo la rigidità organizzativa dei servizi (in cui le Aree si contendono ancora competenze spesso sovrapposte), impostando la collaborazione con i servizi esterni all’organizzazione sanitaria in termini culturalmente e finanziariamente rinnovati, superando la mentalità "ospedaliera" che sembra influenzare anche la più recente valorizzazione dei servizi territoriali, considerando che molti fenomeni di "patologia" psicosociale sono unitariamente radicati nella struttura della personalità.

Un esempio per tutti: la collaborazione con la scuola, che assorbe circa il 40% dell’attività svolta da un’unità di neuropsicologia infantile (con compiti istituzionali quali GLH, Diagnosi e Profili Dinamico-Funzionali per minori in situazione di handicap, cui peraltro si assimilano tanti altri disturbi evolutivi che gli insegnanti non sanno gestire), andrebbe completamente rivista optando per soluzioni più comprensive che insistano su aspetti formativi di autoorganizzazione di alunni ed insegnanti, che creino alleanze piuttosto che complementarità spesso utilizzate per deleghe improprie, che mirino ad Intese non di carattere burocratico ma squisitamente progettuale (come innovativamente sostenuto dalla Legge 285/97).


3. Quanto all’organizzazione strutturale in ambito sanitario che possa assicurare meglio la realizzazione di tali direttrici di intervento è importante, a nostro parere, fare riferimento a questi tre aspetti:

-l’autonomia dei Servizi di psicologia - da non intendersi come "autarchia" - anche per evitare di "disperdere" l’intervento psicologico nelle competenze burocratiche dei vari Servizi;

-la collocazione del servizio di tutela di salute mentale per l’età evolutiva all’interno del Dipartimento Materno-Infantile e non del Dipartimento di Salute Mentale, il quale è storicamente e culturalmente ispirato ad una concezione di "malattia mentale" che ha poco a che vedere con tutta la problematica dell’età evolutiva;

-la valorizzazione della competenza e della dirigenza psicologica nell’Area sociosanitaria ad elevata integrazione sanitaria di prossima costituzione (art 3 septies e octies del Decr. Leg.vo 502/ 92 aggiornato secondo il Decr. Leg.vo 229/99).

Riferimenti Bibliografici


BATESON G. (1972), Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976.
GAROFALO D. (1996), Prevenzione e salute: dal modello bio-psico-sociale al modello eco-auto-sistemico, in "Rassegna di Servizio Sociale", 35, n.1, pp.60-79.
INGROSSO M. (1994), Ecologia sociale e salute, Angeli, Milano.
MATURANA H.-VARELA F, (1980), Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia 1985.
NAPOLITANI D. (1993), "Salute" e "terapia" nell’orizzonte della complessità ecosistemica, in "Connessioni", n.5, pp.9-19.
ROUDINESCO E. (1999), Pourquoi la psychanalyse, Fayard, Parigi.


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