Pubblicato in"Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria", n°4-5, maggio - agosto 1990 - pagg. 16-19

Enuresi notturna del bambino e turni lavorativi del padre

Francesco Bonsante  * Francesco Del Zotti  **




Introduzione

E' noto che l'enuresi nella maggior parte dei casi non è un sintomo di malattie importanti. Infatti per definizione è al di fuori del campo delle malattie organiche dell'apparato urinario; inoltre si può sostenere l'esistenza di qualche notevole disturbo psichiatrico solo in rari casi (Simonds, 1977).
Più che come sintomo di patologia l'enuresi è ormai vista come "comportamento difettoso". Secondo Bourguignon e Guillon (1977) essa «consiste nell'impossibilità o difficoltà di controllo della minzione; si presenta soprattutto di notte, in modo involontario e inconsapevole e perdura e compare oltre l'età in cui la maturità fisiologica necessaria al controllo dello sfintere è ormai acquisita, in bambini con funzionamento renale normale e apparato urinario indenne».
Questa ed altre definizioni sono discordanti solo intorno ad un punto, la scelta "arbitraria" dell'età in cui si deve iniziare a parlare di enuresi (4 anni? 5 anni?). Noi sceglieremo un limite operativo superiore ai precedenti, i 6 anni, così da essere sicuri di discutere di bambini definiti da tutti come enuretici.
Secondo alcuni autori, infine (Bakwin, 1961; Hall-Green, 1956) l'enuresi sarebbe un comportamento innato, che, con l'età, viene generalmente inibito biologicamente e culturalmente, ma che si può manifestare, oltre tale inibizione e tale età maturativa, sotto determinate condizioni scatenanti. Qui, al di là dei molteplici fattori biologici e culturali che portano all'inibizione di questo comportamento (influenza dei genitori nell'educazione al controllo; assenza di comportamento enuretico nella storia dei genitori o dei fratelli ecc.), prendiamo in considerazione "l'utilizzazione" del sintomo enuresi.
Si oltrepassa qui la funzione fisiologica dell'evacuazione e si intravede soprattutto un comportamento sociale innato, saltuario e/o intermittente, innescato da eventi stressanti, valutabili spesso in termini di "messa in discussione dell'integrità dello spazio personale dell'enuretico".
Secondo Bourguignon e Guillon (1977) «si può intravedere l'enuresi come messaggio in cui si esprime la rivendicazione di uno spazio personale». Esistono numerosi esempi sia nell'uomo sia nelle altre specie animali di tale valore rivendicativo (Eibl-Eibesfeldt, 1972).
Gli eventi scatenanti, a loro volta, non sarebbero altro che attacchi allo "spazio" fisico-temporale del bambino enuretico, evocatori della difesa-offesa implicita nell'enuresi. Una tale lettura in termini di spazio dell'enuretico, ben si accorda con l'elenco degli eventi ritenuti più spesso causa di enuresi (Wetting, 1977; Essen, Peckham, 1976; Hall-Green, 1956):
1) elevato numero di figli
2) case piccole e sovraffollate
3) litigi nell'ambito familiare
4) case in cui sono avvenute separazioni coniugali
5) deprivazione totale temporanea della madre
6) morte di un genitore.
Scopo di questo lavoro è verificare l'ipotesi che a tale elenco possa essere aggiunta un'altra condizione interpretabile come attacco alla stabilità dello "spazio" dell'enuretico, e cioè il carico di lavoro in turni del genitore maschio.
Precisiamo che questo elenco di possibili motivi di enuresi ci porta a considerare il bambino enuretico, più che un "paziente in sé", un bambino il quale -fra i tanti comportamenti sintomatici possibili- si trova, per una serie di ragioni biologico-culturali, a poter utilizzare questo sintomo come comunicazione rivendicativa.

Metodologia e scelta del campione

Mentre il rapporto fra l'enuresi e la presenza/privazione della figura materna è stato ampiamente studiato, è invece poco considerato il rapporto tra presenza/assenza della figura paterna ed enuresi.
La moderna organizzazione del lavoro e della società provoca sempre più occasioni di assenze relative, più o meno lunghe, del padre. Specie nella classe operaia, una delle occasioni più frequenti è la divisione del lavoro in turni: alla categoria dei padri può capitare di svolgere uno solo, due o tre turni (1° turno mattiniero; 2° pomeridiano; 3° notturno) nell'arco di tabelle orarie mensili. E se è vero che in media il numero delle ore passate in casa è uguale, al di là del numero di turni mensili del singolo padre, è anche vero che varia il peso relativo delle ore passate in casa, a seconda che il genitore abbia un solo turno fisso giornaliero, o abbia due o tre turni. E' ovvio, ad esempio, che un genitore che segue anche il terzo turno (notturno) ha, oltre che una presenza variabile in casa nel corso del mese, anche una diminuzione delle ore di veglia trascorse insieme al figlio, a causa della necessità di conseguenti riposi mattutini e/o pomeridiani del padre. Individuate queste premesse, si è voluto indagare sulla relazione tra i numeri di turni mensili di genitori maschi e frequenze relative del comportamento di enuresi nei figli.
In una scuola elementare di Modugno (Bari), in una popolazione scolastica di 994 bambini (con rapporto maschi/femmine di 1,4) tra i 6 e gli 11 anni, abitanti tutti nello stesso quartiere, abbiamo selezionato un campione di 166 bambini che rispondevano tutti a due pre-condizioni di selezione:
1) figli di madri casalinghe
2) con padri operai
Sono state intervistate dal medico che eseguiva le visite scolastiche le madri di tutti i bambini della popolazione scolastica. Ad esse venivano chieste sistematicamente notizie sul lavoro della madre e del padre. Si prendevano in considerazione le situazioni lavorative stabilizzate da almeno tre anni.
Fin dall'inizio si era notata un'incidenza maggiore dell'enuresi nei figli dei padri poco presenti in casa (rappresentanti di commercio, direttori d'ufficio, imprenditori, operai con tre turni) e in particolare poco presenti in alcune ore cruciali della giornata (ai pasti e al momento dell'addormentamento).
Allo scopo di verificare meglio l'incidenza del rapporto: assenza paterna / enuresi, si sono scelti i figli di genitori operai, perché si è pensato che in questi ultimi il fenomeno del turnismo sia più delineabile e che così facendo -scegliendo cioè una sola categoria sociale- si sia diminuito l'errore dovuto alle diverse percentuali di rispondenza al questionario sull'enuresi, che ci sarebbero state in un campione misto di categorie sociali.
Dopo aver suddiviso i bambini di madri casalinghe e padri operai in enuretici e non enuretici, abbiamo suddiviso i genitori maschi in padri con un solo turno, con due turni e con tre turni. Si sono poi valutate le percentuali di figli enuretici nei tre sottogruppi operai. Ovviamente sono stati esclusi dal campione bambini che all'indagine anamnestica siano risultati affetti da cause organiche di incontinenza vescicale (6 su 994).

Risultati e discussione

Su un totale di 166 padri con rispettivi 166 figli in età scolare (6-11 anni) si sono riscontrati 29 casi di bambini enuretici (frequenza pari al 17,4 %). L'analisi dei dati, raggruppati in due classi:
1) figli di operai con 1 o 2 turni
2) figli di operai con 3 turni (cioè con in più il turno notturno)
mostra che la frequenza relativa di figli enuretici è maggiore in quest'ultima classe, cioè quando i turni del padre sono tre.

TABELLA 1
N° TURNI DEL PADRE
FIGLI NON ENURETICI
FIGLI ENURETICI
TOTALE
2
104 (91,23 %)
10 (8,77 %)
114 (100 %)
3
33 (63,47 %)
19 (36,53 %)
52 (100 %)
N° TURNI DEL PADRE
FIGLI NON ENURETICI
FIGLI ENURETICI
TOTALE
1
72 (91,14 %)
7 (8,86 %)
79 (100 %)
2
32 (91,42 %)
3 (8,57 %)
35 (100 %)
3
33 (63,47 %)
19 (36,53 %)
52 (100 %)
Rapporto Maschi / Femmine = 1,2 senza significative differenze nel rapporto M / F nei figli dei tre gruppi 1t, 2t, 3t.

TABELLA 2
CHI-SQUARE TEST
N° TURNI
ENURESI
NON ENURESI
TOTALE
3
19
33
52
2
10
104
114
TOTALE
29
137
166
P O,OO1
ODDS RATIO
LIMITI DI CONFIDENZA 95 % = 2,35
E 15,51 DELLA ODDS RATIO
(ODDS RATIO SIGNIFICATIVA SE 1)

La notevole differenza che emerge da questi dati fra l'ultimo gruppo e gli altri due (significativa con p 0,001) è vicina ad analoghe percentuali del sintomo enuresi in gruppi di bambini in particolari condizioni definite stressanti, ad esempio lo spazio dei kibbutz in Israele, o brefotrofi dove convivono assieme molti bambini, e dove le percentuali di bambini enuretici si aggirano attorno al 40 % (Bettelheim, 1969).
Un'approfondita discussione con le madri porta meglio alla luce i legami esistenziali tra carico di lavoro in turni e spazio del bambino.
Da essa infatti è emerso che:
a) il turno del padre provoca orari e spazi variabili anche nel resto della famiglia. Si mangia ad ore spesso diverse, con o senza il padre, a seconda che la sera egli sia in casa o no.
b) l'assenza notturna del padre provoca a volte un'intrusione nello spazio della casa e del letto matrimoniale di donne, amiche o parenti.
c) l'assenza notturna del padre provoca spesso migrazioni notturne del figlio enuretico fuori dal proprio letto, dalla propria stanza al letto matrimoniale dei genitori, o provoca contrasti notturni tra fratelli su chi deve essere "prescelto" a dormire con la madre.
d) nella mattina successiva al turno il genitore maschio torna a casa e dorme, ed i bambini sono costretti al silenzio, in genere in una sola stanza.
Tute queste situazioni intese come "azioni che si svolgono in un determinato spazio" null'altro rappresentano che un attacco alla stabilità dello spazio dell'enuretico rappresentabile con una combinazione tra i seguenti pensieri dei bambini e le varie situazioni a), b), c), d):
a 1) «casa vuota»;
a 2) «tavola vuota in quel posto»;
b 1) «donna entra in casa»;
b 2) «donna dorme nel letto di papà»;
c 1) «il mio letto è un altro; la mia stanza è un'altra»;
c 2) «lui/lei (il fratello o la sorella) è nella stanza e nel letto di mia mamma»;
d 1) «non posso andare nella stanza di papà che dorme»;
d 2) «devo rimanere soltanto in questa stanza».
Queste spiegazioni portate qui a titolo di esempio, mostrano comunque quali modificazioni importanti possono verificarsi nella notte del bambino, modificazioni d'altro canto non sistematiche ma "a puzzle", disordinate, al pari del disordine della vita del padre. Un disordine tanto più perturbante per il bambino in quanto lo vive in maniera passiva, non programmabile e non contrastabile.
Si chiude così il cerchio: la sregolatezza delle notti della coppia sociale padre - figlio si traduce nell'incontrollata notte biologica dell'enuretico.
Premesso che il dato in sé è importante al di là delle ipotesi che suggerisce, si possono anche prendere in considerazione altri possibili significati della comunicazione sintomatica attraverso l'enuresi.
Da un punto di vista relazionale l'enuresi è uno dei sintomi che rappresentano un problema ed una richiesta di controllo (reale e simbolico) nell'ambito familiare. Ipotizzando che il bambino manifesti, oltre ad un proprio disagio personale, contemporaneamente un disagio della famiglia, si può vedere il rapporto tra enuresi e turnismo del padre come l'espressione di un'insicurezza nei riguardi del proprio "territorio" nello spazio familiare, nei riguardi dei confini intrafamiliari e forse del confine che delimita il sistema all'esterno. Un'insicurezza quindi non solo del figlio enuretico ma dell'intero sistema.
Oppure, se si accetta l'ipotesi che i disturbi del figlio esprimano e traducano situazioni problematiche all'interno della coppia genitoriale, l'enuresi può apparire come la manifestazione di un problema di controllo nella relazione coniugale, evidenziato dall'assenza notturna del marito.
Si può sicuramente discutere sulla validità generale di questi dati (con osservazioni sulla relativamente scarsa numerosità del campione, sulla non completa ricerca di altre possibili concause di enuresi nei bambini esaminati -in particolare il rapporto con l'ospitalità notturna di persone non appartenenti alla famiglia nucleare potrebbe suggerire ipotesi interessanti- ed infine su un non indagato rapporto fra turnismo dei genitori e turnismo scolastico dei figli).
Riteniamo comunque che i nostri risultati e soprattutto le congrue tesi sul rapporto: 3 turni / enuresi, rispetto all'ipotesi interpretativa già suffragata da anni (e cioè l'ipotesi di attacco allo spazio del bambino) suggeriscono di eseguire altre ricerche per verificare l'ipotesi suddetta.
Vorremmo concludere ricordando che Larsen in uno studio del 1980 sottolinea che «attraverso il pattern quotidiano dei comportamenti il bambino esercita delle funzioni di controllo della corteccia (...) così che i riflessi innati sono trasformati in forme più complicate, in forme sociali».
Sarebbe interessante poter valutare comparativamente la frequenza dell'enuresi in situazioni di assenza stabile del padre, come separazioni, decesso del padre o allontanamento prolungato per lavoro.
Sarebbe anche da valutare quanto l'assenza frequente, irregolare e non prefigurata del padre costituisca di per sé una noxa patogena per il senso di sicurezza e l'equilibrio psichico del bambino, e quanto sia invece determinante il modo in cui la cosa è vissuta -e trans-mediata- dalla madre, che lo esprima o meno in presenza dei figli. Questo potrebbe essere espresso attraverso una scala di autovalutazione del disagio della madre. Infatti noi presupponiamo che l'assenza del padre, come si verifica in questi termini, rappresenti un fattore di disagio, ma non sappiamo quanto questo sia legato ad abitudini e attitudini sociali e culturali del contesto in cui vivono le famiglie, oltre che individuali dei genitori.
In ogni caso, comunque, è rilevante come tutti i fattori che vanno a intaccare l'ordine del mondo del bambino, sia direttamente (instabilità della struttura familiare per allontanamento del padre; confusione dei confini familiari per intrusione di estranei) sia indirettamente (distacco fra i genitori in un momento, com'è quello del sonno notturno, che per il bambino rappresenta già in sé un distacco e che quindi esigerebbe in lui una certa fiducia e serenità) costituiscono non solo un disagio ma soprattutto una minaccia, un pericolo, relativamente incontrollabile.
E' da valutare di volta in volta, in sede clinica, in che misura il sintomo contiene in sé le diverse manifestazioni di paura di perdita, aggressività di rivalsa, richiesta/mancanza di attenzione e controllo, come è possibile ipotizzare. Quello che ci preme sottolineare è come tutte queste possibili reazioni emotive alla situazione, siano in grado di esprimere, quasi letteralmente, anche un probabile vissuto della madre. Sulla base delle nostre conoscenze non possiamo avanzare ipotesi fondate su meccanismi con cui il sintomo svolgerebbe una funzione nel dirottare, calamitare, rispecchiare, sostituire o al limite distrarre il disagio della madre, ma le nostre osservazioni ci appaiono come un ulteriore indizio dell'alta permeabilità del sistema psichico infantile e potrebbero essere un terreno di studio ulteriore e più esteso.

* Psicoterapeuta della Gestalt.

** Psicoterapeuta.


Bibliografia

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