La psicoterapia di coppia nell'infertilità:
ovvero la creazione di uno spazio procreativo.


Paolo Gentili  *

Pubblicato in: Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria, n° 28/29, giugno-dicembre 1996, pagg. 31 - 36




La comparsa dell'infertilità in una coppia, prima come sospetto e poi man mano come certezza, rappresenta, sempre più frequentemente, una delle possibili esperienze durante la sua storia coniugale. La coppia, che inizia un progetto coniugale per motivi consci ed inconsci (vedi l'articolo di Lalli), fonda la propria decisione su desideri ed aspettative nelle quali la scelta che all'interno di tale diade ci sia un terzo (il figlio) è spesso negata o quantomeno rimossa. Parallelamente, le relative capacità procreative sono supposte come adeguate ma la loro messa in atto viene rinviata, a livello conscio, ad altri momenti o ad altre condizioni vitali della coppia (come ad esempio al momento di una maggiore "stabilità" psicologica od economica o dopo aver vissuto abbastanza a lungo un tempo privilegiato di rapporto a due). Tralasciando in questa sede l'analisi dei motivi di queste scelte, nelle quali il "fantasma" del figlio o della possibilità e capacità di essere fertili sono presupposti ma nella realtà assenti o allontanati, nel presente articolo si prenderà in considerazione l'evento "infertilità" nel momento in cui diviene una esperienza reale della coppia provocando una crisi che nel tempo muta (Dunkel-Schetter e Lobel, 1991) ed attiva, sempre più frequentemente, una richiesta di aiuto sia a livello biologico che psicologico.

Questa duplicità di ambiti di intervento rappresenta senza dubbio una realtà sempre più diffusa nella quale si trova chi, come "psico-esperto" è chiamato sia ad una diagnosi psicologica che ad un intervento psicoterapeutico. D'altra parte l'infertilità, come il concepimento, rappresenta senza dubbio il prodotto dell'interazione tra molteplici fattori bio-psicologici la cui individuazione aumenta ogni anno con il progressivo ampliamento delle conoscenze nell'ambito neuro endocrino e fisiopatologico, come pure dei meccanismi psicosomatici che intervengono nel permettere o meno il concepimento (Edelmann, Connolly, 1986).

Attualmente, sono infatti indubbie le influenze di natura psicologica sia su quelle che vengono definite "infertilità idiopatiche" che sulle cosiddette "infertilità funzionali", sia, infine, su molti dei processi bio-psicologici che favoriscono, mantengono od interrompono uno stato di infertilità. Una conferma a quanto detto viene, tra l'altro, dal passaggio in molte coppie da una condizione di infertilità ad una di fertilità dopo l'adozione di un bambino. La gravidanza successiva all'adozione può essere attribuita ad una serie di cambiamenti psicologici (come ad esempio la riduzione di ansie o paure connesse ai cambiamenti dovuti alla presenza di un figlio) che influisce direttamente sul substrato neuro-ormonale dei due partner. Nel caso, poi, che si voglia negare tale ipotesi, l'influsso di cambiamenti psichici non sono tanto connessi all'adozione, giudicata una terapia prettamente "mitica" dell'infertilità (Arronet et al., 1974), quanto piuttosto alle nuove situazioni psicologiche dei partner sottoposti contemporaneamente ad intervento psicoterapeutico (Lamb e Leurgans,1979). Tuttavia, se è universalmente accettata l'influenza di fattori "psichici", risulta tuttora difficile l'accordo sulla loro individuazione, ruolo patogenetico e definizione. Questo risulta ancora più complesso nel momento in cui lo studio dei dinamismi funzionali si allarga, non solo a quelli che potrebbero essere considerati patogenetici per l'infertilità ma anche a quelli che intervengono successivamente a modulare l'adattamento all'infertilità stessa e che spesso generano nella coppia dei comportamenti volti alla fertilità "a tutti i costi", anche con scelte altamente stressanti quali quelle di sottoporsi a procedimenti di procreazione assistita o ad altre metodiche eticamente discutibili (Bigozzi, 1994).

Nel presente lavoro la riflessione, pur tenendo presente l'insieme dei fattori bio-psico-sociali in gioco nel concepimento e nell'infertilità, intende soffermarsi su alcuni aspetti, più prettamente psichici, propri della coppia infertile come unità diadica, che spesso motivano la richiesta di un trattamento di coppia. Utilizzando i principi dell'intervento psicodinamico ad orientamento psicoanalitico (Cremerius, 1991) nonché i contributi della psicoterapia di coppia simbolico-esperienziale (Withaker, 1988), il modello di lettura proposto e seguito, nell'intervento, tiene presente come nella coppia infertile sia necessario considerare una serie di aspetti intrapsichici e relazionali quali: il "desiderio" di concepimento del figlio, gli effetti di questo nell'ambito dell'organizzazione fantasmatica della coppia stessa (Eiguer, 1986), lo "spazio mentale e relazionale" (precedente, contemporaneo e successivo alla terapia) nel quale desideri, "oggetti mentali" e relative relazioni vengono ad interagire. Questa scelta di elementi intrapsichici e relazionali, può dar modo alla complessità dei fattori interagenti nella situazione di infertilità di manifestarsi e rende possibile la rappresentazione diagnostico-valutativa sia delle varie "configurazioni" coniugali, molteplici e mai definite, che appaiono durante il processo terapeutico di coppia sia degli aspetti psicodinamici dei singoli partner (specie in termini di difese o di modalità adattive individuali di fronte alla consapevolezza dell' infertilità).

In particolare, l'assunto della infecondità come espressione di un particolare costrutto "relazionale" (qui inteso come insieme di relazioni intra ed extrapsichiche in uno spazio che definiamo come mentale e fisico) privilegia la relazione tra le caratteristiche istintuali dei due partner piuttosto che quelle fisiche. E' quindi la "relazione infeconda" ad essere l'"oggetto" dell'intervento psicoterapeutico piuttosto che gli elementi che caratterizzano questa situazione quali i singoli coinvolgimenti, il loro apparato psicodinamico o le loro strategie di adattamento. L'infecondità, in tale ottica, viene considerata il "sintomo" di una particolare configurazione di coppia che mantiene tale significato psicologico anche nei casi in cui è chiaramente attribuibile a cause fisiche. In tal modo l'infertilità diviene una esperienza che può essere accolta o meno all'interno dello spazio mentale e fisico della coppia cosicché le relazioni oggettuali, come pure i comportamenti reciproci, assumono caratteristiche peculiari il cui significato, intrapsichico e relazionale, è strettamente connesso alla esistenza di uno "spazio" in cui la "coppia infertile" è l'oggetto di desideri e paure, di amore e odio da parte dei due partner.

In tal senso, il disturbo che riguarda gli aspetti pulsionali più coinvolti dalla fecondità della coppia, come la mancata "generatività" (Erikson,1982) o come l'ambivalenza del desiderio di gravidanza (Sandler,1968), sono il prodotto e la fonte di disturbi delle relazioni oggettuali, da quelle con il proprio corpo a quelle con le figure genitoriali, coniugali e filiali presenti nei singoli partner ed anche principi organizzatori della coppia (Eiguer, 1986). Così le diverse vicende dello sviluppo delle relazioni oggettuali interiorizzate (Kernberg, 1978) e dei principi organizzatori della coppia (Eiguer, 1986) modulano la struttura pulsionale dell'uomo e della donna, giustificano le manifestazioni psichiche che appaiono sia nella cliniche che nella ricerca sulle coppie infertili, come pure, possono essere invocate come concause dell'infertilità, sia a livello dei meccanismi della spermatogenesi e dell'ovulazione che dei disturbi psicosessuali (Paulley e Pelser, 1989).

La terapia di coppia come spazio e come processo procreativo

L'obiettivo della terapia di coppia diviene così la capacità di generare uno "spazio fisico e mentale" nel quale la coppia stessa affronti l'esperienza dell'infertilità, sia per quello che rappresenta per ciascuno dei due partner sia come capacità di osservare insieme e condividere le modalità con le quali la coppia sta vivendo questo tempo di infertilità. Offrire alla coppia un luogo ed un tempo per poter generare insieme delle modalità adattive "coniugali" all'avvenimento (l'infertilità) fa sì che il "terzo" (il figlio non concepito) aiuti la coppia ad esplicitare la qualità del rapporto ed attivare il passaggio ad uno nuovo stadio vitale della relazione.

La terapia di coppia, come processo di cambiamento, è allora uno spazio, mentale e fisico, ed un tempo all'interno di un processo nel quale la coppia ed il terapeuta inizialmentecercano di definirne la genesi e successivamente si accordano, con tutte le ambivalenze delle richieste di aiuto e di cambiamento, per creare uno spazio in cui la coppia cerca di individuare ed attuare, nel suo modo caratteristico e condiviso, la propria "coniugalità". Dato questo obiettivo, la terapia rappresenta, nel suo svolgersi nel tempo, qualunque sia poi la modalità con cui la coppia elabora la propria infertilità (fino alla scelta di interrompere la relazione), un evento vitale che ha una direzione e uno scopo. Questo lavoro terapeutico può essere visto come un atto in cui i due partner, che arrivano con una esperienza ed un vissuto di infertilità, sono attivati dal terapeuta (che cerca di rispondere alla richiesta di aiuto) a divenire "fecondi", cioè a generare un "terzo" che può essere diverso a seconda dei bisogni e del livello maturativo della coppia. Infatti, sia la richiesta di aiuto che l'obiettivo delineato inizialmente dalla coppia possono essere diversi a seconda della relazione coniugale che caratterizza la coppia stessa. E' importante offrire uno spazio (metaforicamente "uterino") in cui i due depositino e affrontino le proprie richieste, storie, aspettative, desideri e delusioni, paure e speranze, nonché decisioni e tentativi di attuarle in relazione al "progetto coniugale" interno ad ognuno dei due partner e spesso condiviso solo in parte al momento della costituzione della coppia. Perché ciò accada è necessario che la terapia permetta ai due di costruire questo spazio, queste interazioni, in una parola questa intimità e profondità di rapporto che per lo più manca nella coppia infertile, specie in quelle in cui è chiara la genesi "funzionale" dell'infecondità. In tal senso basti pensare alle difficoltà di attuare un rapporto sessuale procreativo per motivi sottesi al disturbo di personalità (vedi quanto ad esempio ha descritto in maniera articolata Kernberg nei vari studi sul comportamento sessuale nell'ambito dei disturbi narcisistici della personalità (Kernberg, 1978). D'altra parte esiste una "patologia del desiderio" che permette alla coppia di costituirsi ma che non rende possibile il passaggio ad altre forme di "organizzazione coniugale fantasmatica" come può essere, ad esempio, la costituzione di un "sé coniugale" (Eiguer, 1986).

E' chiaro quindi che la terapia, nei suoi vari momenti di raccolta ed analisi della domanda di aiuto, di individuazione di obiettivi terapeutici condivisi e nel percorso ricco di tentativi ed errori, di cambiamenti e di retroazioni, di insight e difese, è un momento possibile perchè la coppia infertile trasformi l'esperienza di morte (del corpo e del desiderio), propria della infecondità, in un momento vitale in cui sia possibile generare uno spazio coniugante e di reciproco aiuto. La terapia diviene il luogo di gestazione e generazione di quei desideri di unione e di procreazione spesso non portati alla mentalizzazione e alla relativa verbalizzazione a causa delle difese immanenti a desideri fonte di angoscia (come può essere l'angoscia di castrazione di uno o ambedue i partner come pure le relative conflittualità edipiche Chasseguet-Smirgel, 1987).

Inizialmente lo spazio ed il tempo terapeutico sono fondamentalmente finalizzati affinché la coppia diventi presente in maniera sempre più chiara e si coinvolga sia di fronte al terapeuta che di fronte a se stessa. E' il momento in cui la terapia permette, facilita ed amplifica il passaggio ad una conoscenza di sé e dell'altro e contemporaneamente rende possibile penetrare nel profondo dei singoli e della relazione. Questo si attua con diverse strategie e tecniche con le quali è possibile svelare:

- le storie delle relazioni, pubbliche ma anche intime, con i miti ed i segreti, le crisi ed i fallimenti, i successi e gli "eroismi" delle famiglie da cui provengono i singoli partner;

- la modalità di costituirsi della coppia, dall'innamoramento alla scelta di coniugalità;

- la modalità della vita sessuale in tutte le sue manifestazioni; dalle tenerezze ai rapporti sessuali, dalla sessualità utilizzata egocentricamente alle esperienze di condivisione orgasmica;

- le fantasie, le attese e le paure riguardo al "figlio che verrà" ed al proprio ruolo genitoriale.

Questo lavoro conoscitivo ha come effetto, tra gli altri, quello di porre la coppia, proprio a causa della loro infertilità e relativa richiesta di aiuto, in una relazione di svelamento sia nei confronti del terapeuta che nei confronti di ognuno dei due partner. Alla iniziale richiesta di "fertilità", viene così anteposta una immersione nella storia dell'infertilità come modalità relazionale per la quale la coppia è unita a diversi livelli, consci o meno. Questa unità permette la costruzione di uno spazio comune fisico (il setting), dinamico (i processi sia nel contesto terapeutico che in quello quotidiano) corporeo, (a livello del funzionamento neuroendocrino in grado di facilitare i meccanismi di spermatogenesi e/o di ovulazione) e psicosessuale ( qui inteso come spazio coitale, unitivo e procreativo condiviso). La terapia dell'infertilità può allora divenire procreativa nel senso di generare il passaggio dalla coppia coniugale alla coppia genitoriale.

Man mano che si sviluppa la conoscenza, che sicuramente porta "novità" sia nelle informazioni condivise che nella relazione non più paralizzata dalle frustrazioni del desiderio, l'infecondità diviene l'occasione che attiva un percorso di ulteriore svelamento di dinamismi segreti che, una volta affrontati, possono rendere la coppia vitale. Questo lavoro, così come si può intendere in una terapia psicodinamica, è modulato dal parlare e dalle relazioni, in particolare quelle transferali, cosicché varie saranno le fonti del discorso psicoterapeutico quali elementi propri del triangolo terapeutico nella terapia di coppia: a) la "narrazione" che ogni partner e la coppia fanno di se stessi, b) il transfert multiplo, c) il controtransfert del terapeuta.

La narrazione

La narrazione deve essere considerata come un enunciato di "verità" narrate che rispondono alla modalità con cui ogni partner le espone, o perfino le conosce, all'interno di relazioni reali e fantasmatiche in cui il partner e il terapeuta sono presenti ed influenzano quanto detto (Gentili, 1988). La "verità narrata", sia dai singoli partner che dalla coppia, permetterà così di ipotizzare i livelli difensivi, i desideri ed i relativi conflitti presenti nella relazione con l' altro, di fronte ad una figura, quella del terapeuta, che necessariamente ha anche caratteristiche superegoiche se non addirittura persecutorie. Inoltre, tra le varie informazioni che ogni partner dà al terapeuta è di particolare interesse, per il tipo di psicoterapia adottato, conoscere il processo di relazione della propria famiglia specie per quanto riguarda l'"intensità emotiva" (Kerr e Bowen, 1988). Quando, infatti, i due partner hanno lasciato le rispettive famiglie di origine è ipotizzabile che abbiano cercato di scegliere come partner quello con cui era maggiormente possibile riprodurre i principali aspetti relazionali presenti nella famiglia originaria, almeno come il singolo individuo l'aveva percepita e/o desiderata (Kerr e Bowen, 1988). Si ha così una scelta per "concordanza" o "complementarità" emotiva che partecipa alla coesione della coppia. La scoperta e la situazione di infecondità sicuramente innalza il livello di ansia dei singoli coniugi e della coppia e la modalità di risposta a questo evento può portare alla comparsa o di un conflitto coniugale o di un disturbo evidente in uno dei due partner. Così la narrazione sulle famiglie di origine offre una possibile comprensione dei principali meccanismi di adattamento appresi nelle rispettive famiglie e che si manifestano, nella situazione di crisi, come risposta affettivo-emotiva, con la scelta di determinati comportamenti di malessere psico-fisico fino alla scelta dell'ulteriore futuro per la coppia stessa.

Il transfert

Una ulteriore fonte di informazioni e di possibili obiettivi per la psicoterapia di coppia è la comparsa, ad occhi addestrati a questo, di aspetti emozionali connessi al transfert multiplo verso l'altro partner e verso il terapeuta. Questo non solo ripropone antiche modalità relazionali e di vissuto con figure significative, specie nei confronti del comportamento psicosessuale e dei ruoli coniugali e genitoriali, ma anche nel "qui ed ora" può presentare alcune suggestioni che possono giustificare la componente emotivo-affettiva di una "infertilità" inizialmente inconscia e poi, ad esempio, aggredita o negata nelle strategie di adattamento a questa realtà.

Così durante la psicoterapia (accanto agli aspetti cognitivi della relazione di coppia così come ognuno dei due partner la "sta pensando" in un momento particolare di conferma o meno del progetto coniugale) si evidenziano quegli aspetti emozionali che accompagnano la diagnosi di infertilità. Infatti questa, specie dopo che i vari test di infertilità hanno evidenziato un chiaro disturbo fisico, come una malformazione uterina o un basso valore spermatico, si impone alla coppia per la sua "indiscutibile oggettività" ed attiva necessariamente un cambiamento anche nel sistema emozionale della coppia. La "distanza emotiva" tra i coniugi, fondata anche su proiezioni transferali, cambia e, spesso, proprio in base alle caratteristiche relazionali scelte e desiderate nella coppia, ognuno dei due partner chiede immediatamente una distanza nuova. Si attivano nuove configurazioni transferali che non sempre colludono tra di loro, come nei casi in cui almeno uno dei due richiede una maggiore dipendenza ed intimità. Si svela così nella coppia una nuova fantasia di relazione trasferale in cui ognuno dei due coniugi va a rappresentare "figure parentali" e richiede all'altro nuove relazioni che forse la "gravidanza impossibile" poteva nascondere. Ci si riferisce così ai bisogni di intimità emotiva, evitati con l'infecondità, connessi all'evento gravidanza che svela spesso paure più profonde di inadeguatezza, di perdita dell'oggetto amato, di rivalità e, in molti casi, di minaccia. La psicoterapia è il luogo di svelamento di transfert negati dall'accoppiamento e l'infertilità "biologica" diviene l'evento che può sviluppare una "nuova coppia" o determinare la fine della vecchia.

In particolare possono essere svelate quelle dinamiche connesse all'eventuale passaggio dalla "coppia" alla "famiglia", di quei fantasmi di assunzione di ruoli già sperimentati nella propria storia e spesso rifiutati o temuti. Se questo lavoro di maturazione avviene in ambedue i partner, è probabile che l'infertilità andrà a generare un prodotto che è la nuova coppia, nuova per il livello di intimità e di svelamento di amori ed odi, di conflittualità e di bisogni prima mai condivisi. Se il cambiamento dovuto all'infertilità invece spinge i due in direzioni diverse, la vicinanza per l'uno e l'allontanamento per l'altro, il desiderio di dipendenza per l'uno e la fuga dal coinvolgimento per l'altro, appare il disturbo almeno in uno dei due partner e/o la crisi nella coppia, non tanto nel suo aspetto procreativo quanto piuttosto per quello unitivo.

Il terapeuta di fronte all'infertilità

Come in ogni situazione terapeutica anche il terapeuta si trova, nella sua interazione con la coppia, a vivere dinamiche intrapsichiche controtransferali. Come si è visto, anche recentemente, l'aspetto controtransferale è ormai divenuto un potente strumento sia conoscitivo che di individuazione dei possibili interventi da parte del terapeuta (Gentili, 1994). In particolare, nel trattamento della coppia infertile, il terapeuta, in quanto immerso in uno spazio che permette l'esplicitazione di aspetti dinamici spesso inconsci, può aiutare la coppia a sviluppare vissuti e comportamenti inespressi o addirittura neanche mentalizzati. Il terapeuta si assume il ruolo di "attivatore" del "discorso" sull'infertilità da parte della coppia e di "compagno coraggioso e competente" (Schaffer, 1984) dei partner in un viaggio di scoperta delle emozioni, delle difese e delle relazioni oggettuali che rendono inaccettabile sia l'infertilità ma forse ancora di più la fertilità condivisa in una relazione anche procreativa. Lo spazio ed il tempo della terapia divengono occasioni per acquisire un linguaggio rispetto al corpo fisico e a quello vissuto, rispetto al mondo "interno" che si svela o quantomeno vive in continua interazione con quello "esterno" cosicché la coppia può acquisire un linguaggio che "non ha" (Trankel, 1974) riguardo all'infertilità e contemporaneamente si confronta con qualcuno, il terapeuta, che si pone come chi assume una funzione di "svelamento" (Zavattini, 1988) di emozioni e pensieri all'interno della relazione terapeutica triadica. Il compito che si assume il terapeuta può portarlo a sviluppare fantasie e vissuti di "genitore" che corregge, che giudica, che può rendere fertile una coppia in realtà non adeguatamente "coniugata" a causa dei due patrimoni difensivi che non hanno permesso di oltrepassare i livelli consci del proprio e dell'altrui psichismo. Questa assunzione controtransferale del terapeuta nonché la diversità di competenze tra quest'ultimo, addestrato al linguaggio del corpo e della psiche, e la coppia possono generare durante il processo terapeutico situazioni di "incomunicabilità" reciproca e diverse "visioni della realtà" con possibile attivazione di valenze aggressive e manipolatorie tanto più distruttive quanto procedono anche dal terapeuta stesso. Questo tipo di relazione suscita a sua volta nel paziente l'"odio" (Groves, 1978) verso tutto ciò (la fecondità) e tutti coloro (lo psicoterapeuta, il medico) che incontra a causa della propria infecondità così da creare la situazione di "angry patient, angry doctor" (Longhurst 1980).

Altre volte, inoltre, di fronte alla coppia che presenta difficoltà a rappresentare ed esprimere le proprie emozioni, il terapeuta si trova, per così dire, in compagnia delle proprie identificazioni proiettive (Taylor, 1983) che gli suggeriscono sia la presenza di difficoltà profonde ed arcaiche ad entrare a contatto con il proprio corpo, soprattutto "di fronte all'altro", che una "impenetrabilità" psichica e fisica spesso reciproca.

La terapia come spazio generativo, fisico e mentale

Come è possibile osservare da quanto detto, la psicoterapia di coppia, fondata sull'analisi delle relazioni sia esterne al soggetto che interne (le relazioni oggettuali ed i relativi desideri, conflitti e difese), pone l'accento sia sulla causa scatenante la richiesta di aiuto (che va dalla ricerca dei supposti "motivi psicologici" dell'infecondità alla cura di determinati sintomi temporalmente connessi alla presa di coscienza dell'infecondità stessa) sia sul "come" è stata disturbata la relazione coniugale, a tal punto che qualificare la reazione alla situazione esistenziale di infecondità genera disturbi nell'equilibrio psicologico individuale e relazionale della coppia infertile. La multifattorialità delle cause dell'infertilità, conosciute o ipotizzate, richiede che la psicoterapia di coppia si muova accanto ad interventi biologici e psicologici e sia trasformativa nel senso di "ristabilire una direzione significativa alla propria vita e a quella della coppia" (parafrasando ciò che Le Shan dice per la terapia del cancro). La psicoterapia espressivo-supportiva ha tra le sue caratteristiche quella primaria di incentrarsi sulle modalità di relazione, agite e vissute, anche se chiaramente la "porta d'ingresso" di un soccorso psicologico rimane l'infertilità, come sintomo biologico che innesca ansie, fobie o altri sintomi psichici fino all'angoscia e alla depressione. La ricerca congiunta di una soluzione all'infertilità o, in altri casi, la ricerca di una soluzione ad una crisi che minaccia l'integrità della coppia (come accade nei casi in cui la ricerca della distanza dall'altro innesca la ricerca di separazione o annullamento del legame coniugale, fino, infine alla richiesta di una terapia per i sintomi psichici che accompagnano l'adattamento alla nuova situazione o alla ricerca compulsiva di una gravidanza "a tutti i costi") sono le più frequenti situazioni di "domanda di aiuto". L'offerta di uno spazio di ascolto per tali richieste, la loro ridefinizione positiva, in quanto espressione di una unità di desideri e delusioni, ed il progressivo svelamento delle profonde difficoltà ad attuare un legame che si desidera totale ma che si svela per lo più parziale (nonostante gli anni di conoscenza e frequentazione reciproca), sono le caratteristiche di un processo terapeutico che offre un progredire "a tappe".

La terapia inizia da una prima fase in cui l'infertilità, come avvenimento biologico-relazionale, è l'occasione per svelare la qualità delle relazioni emotivamente significative per ogni individuo (quali quella verso il proprio ed altrui corpo e l'assunzione di nuovi ruoli e nuove persone, i figli, nell'ambito della coppia). Successivamente, il complesso di informazioni, emozioni e relazioni interagite, man mano svelate nella terapia, possono perdere il valore di minaccia per essere assunte come elementi che appartengono alla coppia e sui quali si può continuare a svolgere un intervento di trasformazione. In questa seconda fase il terapeuta deve monitorare l'intensità dei vissuti correlati all'emergere nella coppia di ansia, di rabbia espressa, di paure che possono inoltre collegarsi a sentimenti di colpa, di vergogna, di dolore e stare attento a non innescare fantasie di "inseminazione" nella coppia stessa. In tal senso possono essere interpretati, ad esempio, i tentativi da parte del terapeuta di eccessiva mobilizzazione dei sentimenti repressi nei due partner o di ricerca di continue "scoperte" cognitive sul passato della coppia. Queste situazioni, divengono facilmente fonte di accuse reciproche e suscitano vissuti di inutilità o impossibilità a cambiare come, ad esempio, l'eccessiva attenzione per la ricerca anamnestica, spesso non equamente bilanciata nei confronti delle due storie di vita portate dalla coppia, che è vissuta come la ricerca del genitore colpevole o di supposti traumi infantili che bloccano ogni possibile maturazione psicosessuale in uno dei due coniugi. Questo comportamento del terapeuta è tanto più grave se si pensa che talora la coppia non è in grado di scegliere autonomamente l'interruzione dei trattamenti, sia di tipo diagnostico che di riproduzione assistita, a cui si sta sottoponendo (Scopesi, 1995) e fa riferimento al personale sanitario per prendere la decisione in merito. Risulta allora fondamentale un lavoro terapeutico che tenga conto delle risorse di adattamento alla frustrazione e sia volto alla costruzione di una decisione "coniugale" di "chiusura alla speranza", non solo favorendo adeguate conoscenze biologiche ma soprattutto aumentando i livelli di condivisione volti ad interrompere la coazione difensiva a ripetere, ad esempio, inutili cicli di FIVET (Reading e Kerin, 1989).

In conclusione la terapia di coppia può essere utile prima, durante e dopo la conclusione di trattamenti volti alla fecondità (Donegan, 1994), in quanto cerca di sviluppare la capacità della coppia di far emergere, anche sul piano fisico, le proprie potenzialità generative. Queste sono per lo più semplificate nel desiderio di avere un figlio: tocca alla psicoterapia ampliare e complessificare tali caratteristiche cosicché la coppia possa in ogni caso, con o senza il figlio, affrontare anche il desiderio conflittuale, ma prettamente umano, di scansare la filiazione (Chasseguet-Smirgel,1996) "generando" una nuova situazione di amore maturo.

* Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica
Facoltà di Medicina e Chirurgia "Università la Sapienza" di Roma.



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