UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA
FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE
ANNO ACCADEMICO 2000-2001
LA PREVENZIONE DELLA DEVIANZA
I SERVIZI NELL’AREA NEBROIDEA
©
Tesi di Laurea di:
LO SARDO ADELASIA CATENA
Relatore:
Ch.mo Prof. FRANCESCO GATTO
I N D I C E
INTRODUZIONE
4
CAPITOLO PRIMO: PROCESSO DI IDENTITÀ
10
§ La famiglia
20
§ Il Gruppo
29
§ La scuola
3 4
§ I Mass-Media
41
CAPITOLO SECONDO: LA DEVIANZA
47
§ Disagio – Disadattamento – Devianza
60
§ Fattori di rischio e nuove devianze
77
CAPITOLO TERZO: LA PREVENZIONE
102
§ Le politiche per l’Infanzia e l’adolescenza
125
§ “Disposizioni per la promozione dei diritti e opportunità
per l’infanzia e l’adolescenza”Legge 28 agosto 1997, n. 285
145
§ Attuazione della L. 285/97 in Sicilia e nell’area nebroidea
161
§ Piani di intervento L. 285/97 Triennio 97/99 - Area nebroidea -
166
§ Il PON
188
§ Gli Istituti di Prevenzione
198
§ Il Consultorio Familiare
202
§ Conclusioni
206
APPENDICE NORMATIVA
210
BIBLIOGRAFIA
212
INTRODUZIONE
Il presente lavoro, nel quale si affronta una tematica attuale, complessa e molto dibattuta, nasce allo scopo di evidenziare, il particolare interesse delle diverse istituzioni verso il fenomeno “prevenzione” e i limiti e le “mancanze” che si possono riscontrare nell’affrontare tale fenomeno nell’area
nebroidea.
Partendo dal “processo di identità”, ho voluto delineare e definire quale sia l’incidenza familiare, del gruppo, della scuola, dei mass-media nel corso della costruzione dell’Io.
Sin dalla nascita l’individuo coglie l’importanza della relazionalità, vissuta prima coi genitori poi con i diversi contesti. Questi diversi contesti, assumono un’importanza considerevole, in quanto un ambiente disturbato porta quasi sempre al disagio, al disadattamento ed infine alla devianza.
Assume un ruolo molto significativo quella “relazionalità positiva” che non è accontentare nei suoi bisogni e preservare l’individuo in crescita dalle esperienze negative ma è, invece, favorire la costruzione del Sé, esserne terreno fertile in cui si possano coltivare e fortificare le proprie abilità, e preservarlo, anche, da quello stato di solitudine che può portarlo alla ricerca “di un qualcos’altro” che lo faccia sentire “importante”.
Finché il bambino non acquisisce autonomia si affida completamente all’adulto. Fin quando non raggiungerà la sicurezza e la fiducia in se stesso, sarà paragonato sempre ad una giovane pianta che rischia di spezzarsi alla furia del vento.
Nel testo redatto a seguito della Conferenza Nazionale sull’Infanzia e sull’Adolescenza del 19-21 novembre ’98 leggiamo: “i profondi cambiamenti all’interno delle famiglie, l’esposizione indiscriminata e precoce ai mass-media, la disattenzione del mondo del lavoro verso i bisogni della famiglia rischiano di far scomparire l’infanzia, di appiattirne la durata, costringendo i bambini o ad entrare troppo presto in una preadolescenza difficile e turbolenta, oppure a prolungarla oltre ogni limite, ritardando l’ingresso nel mondo dell’adulto”.
Devianti non si nasce, si diventa.
Perché? Per una predisposizione genetica? Molti lo pensano ma secondo me non è così.
Devianti si diventa perché l’adulto spesso non è capace di vedere il mondo con gli occhi del bambino, ma solo secondo il suo punto di vista e secondo le proprie esigenze. E’ vero, in questi ultimi anni possiamo registrare una considerevole attenzione verso il pianeta infanzia, e tra le molte leggi che sono entrate in vigore ha sicuramente avuto una notevole valenza la legge 285/97 e la sua attuazione nell’area nebroidea è stata anche oggetto di studio in questo lavoro.
Gli Enti Locali, nell’attuazione della legge 285/97 si sono mobilitati, in parte perché, vista la suddivisione in ambiti territoriali, non si sono potuti tirare indietro, ma anche perché i fondi erano già stati destinati per la detta attuazione. Molti Comuni capofila si sono lamentati di alcuni amministratori che si sono dimostrati insensibili all’importanza delle finalità della legge.
Molte “lamentele” sono pervenute dagli assistenti sociali comunali che, pur impegnandosi al fine di poter individuare i diversi disagi, hanno difficoltà per intervenire e quindi devono lottare, oltre che contro i disagi presenti sul territorio, anche con il disinteresse degli amministratori che non sono disposti ad investire per l’infanzia e quindi per un domani migliore.
Le politiche sociali che dovrebbero promuovere il diritto a stare bene devono far si che il minore possa sviluppare e conservare le proprie capacità fisiche, svolgere una soddisfacente vita relazionale, riconoscere e coltivare le risorse personali, affrontare positivamente le responsabilità quotidiane.
Questo “diritto a stare bene” deve essere offerto e garantito.
E’ in questo “diritto a stare bene” che trova fondamento il diritto alle prestazioni e ai servizi sociali, che devono essere offerti secondo gli standard e con le modalità previste dalla legge.
Quindi, queste politiche sociali, quali politiche universalistiche dovrebbero accompagnare gli individui e le famiglie lungo tutto l’arco della vita, sostenerne le fragilità, rispondendo ai bisogni che sorgono nei diversi momenti dell’esistenza, favorendo la creazione di legami sociali e comunitari al fine di arricchire la qualità delle relazioni umane.
Dott.ssa Lo Sardo Adelasia Catena |
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