UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA "LA SAPIENZA"UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA "LA SAPIENZA"

Apprendimento di significato in reti competitive

FACOLTA' DI PSICOLOGIA
CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA
INDIRIZZO GENERALE E SPERIMENTALE

A CURA DI
Leandro De Persiis
RELATORE
Eliano Pessa
CORRELATORE
Paolo Renzi

ROMA, 20 marzo 1995


Indice.

Introduzione
PARTE I Il significato
CAPITOLO 1 Il problema del significato
CAPITOLO 2 Considerazioni sul concetto di significato
CAPITOLO 3 La semantica
   
PARTE II Il significato negli organismi artificiali
CAPITOLO 4 Cenni sulle reti neurali
CAPITOLO 5 Artificial Life
CAPITOLO 6 La simulazione
CAPITOLO 7 Conclusioni
 
Bibliografia

 


INTRODUZIONE

Secondo il paradigma dell'Human Information Process, il complesso processo della lettura potrebbe essere visto come una sequenza di analisi di livello via via più complesso, in modo tale che, partendo dalle caratteristiche fisiche dello stimolo, si arrivi al significato di questo. Contemporaneamente si ha modo anche, data la conoscenza che si ha di una data situazione, di influenzare dall'alto, cioè dai livelli più complessi, le decisioni che vengono prese a quelli inferiori, sulle ambiguità a livello semantico, sintattico, o anche fisico che presenta il materiale che si sta leggendo.

Questo paradigma contiene una grande quantità di modelli che si confrontano su vari aspetti di questo processo. I confronti vanno avanti da almeno un paio di decenni, così che c'è un certo accordo su alcuni punti fondamentali e sembra ormai accettato da tutti il modello generale che ho ipersemplificato all'inizio.

Ma nonostante l'analisi che si è fatta dei processi che sottostanno alle varie fasi in cui si è distinto il processo della lettura sembra rimanere fuori il cardine della comprensione: il significato. Infatti a dispetto del fervido dibattito filosofico sul concetto di significato che si è avuto nel nostro secolo in filosofia, la psicologia sembra muoversi ancora senza interrogarsi su di esso ed accettandone di fatto un visione riduttiva che può essere assimilata a quella stoica per cui c'è un isomorfismo tra il linguaggio e la realtà.

Un termine corrisponde ad un oggetto, si analizzano i processi che portano dalle caratteristiche fisiche dell'oggetto al recupero, da un apposito magazzino, dell'informazione semantica. Viene messo in evidenza da più parti come questo magazzino consista di una fitta rete di interconnessioni tra i vari concetti, o simboli, o significati. Sembrerebbe, anche se non viene mai detto esplicitamente, che il significato emerga, consista proprio di quest'intreccio. Ogni termine ha senso in relazione agli altri. I problemi sorgono quando ci si interroga sulla relazione tra questi termini e la "fisicità" degli oggetti rappresentati. Che relazione c'è tra un oggetto ed il termine che lo rappresenta? E quale relazione possiamo trovare tra un termine ed il suo significato? E cos'è di preciso il significato, cosa intendiamo con questo termine?

Sono domande troppo grandi perché si possa pretendere di dare una risposta definitiva, ma è sicuramente giunto il momento di impostare una risposta, di iniziare un cammino che avvicini alla comprensione di tali questioni.

Il punto fondamentale, ci sembra, è che con la visione simbolico-formale si ritiene che sia la sintassi del linguaggio e comunque delle regole a guidare le decisioni, il ragionamento, certamente queste possono essere tratte a posteriori, ma possono funzionare fino ad un certo punto, con innumerevoli eccezioni, quello che guida le decisioni nella realtà è la semantica. Riteniamo che quando noi ragioniamo non applichiamo delle regole a dei simboli, ma mutiamo il significato che diamo ai termini del ragionamento.

Ciò che ha portato fuori strada è l'attenzione esclusiva per il linguaggio, o meglio il partire da esso per studiare il significato. Ma in esso compare solo un aspetto del significato non si può ridurre tutta la sua complessità a dei segni che rimandano a degli oggetti. In questo modo si rischia, come è appunto avvenuto, di identificare il significato con quei segni, o di considerarlo qualcosa che si attacca ad essi, una loro proprietà. Se accettiamo invece che il significato è anteriore al linguaggio, che anzi dobbiamo studiarlo prima al di fuori di esso dove è più semplice, più vicino alla "fisicità", per poi seguire lo sviluppo che può aver avuto con il linguaggio, abbiamo un modo nuovo per capire meglio anche quest'ultimo.

I significati, al di là delle parole che fanno riferimento ad essi, sono fluidi, sfumano uno nell'altro, ma nel momento in cui li etichettiamo limitiamo, in parte, queste sfumature. Il significato di una parola è insomma un caso molto particolare, un caso limite che fa sfuggire le caratteristiche principali di questa entità, sarebbe quindi fuorviante prenderlo come prototipo e partire da esso come è stato fatto. In verità, a ben vedere, neanche nel linguaggio i significati sono così ben delimitati come potrebbe far pensare il guardare alle parole singole. Nell'uso comune le unità di significato non sono le singole parole, ma le proposizioni, o intere frasi, è dalle relazioni tra le parole che nasce il significato complessivo, in intere frasi c'è quella stessa possibilità di sfumare significati che c'è nel significato preverbale. Riteniamo quindi che il tentativo di giungere ad un "significato" complessivo partendo dal significato di singole parole sia, in questo senso, sbagliato in partenza. Un'obiezione ovvia è che sia nel leggere che nell'ascoltare abbiamo a che fare con una parola alla volta, ma ciò è inesatto per due motivi: prima di tutto chi ascolta o legge tende a completare le frasi nel modo che è più frequente che si completino, per poi andare a cercare attivamente verifiche all'ipotesi formulata, la percezione infatti non è né passiva, né esaustiva, si cercano attivamente conferme (tra le molte cose a conferma di ciò si vedano i lavori di Carpenter e coll. sui movimenti oculari durante la lettura). In secondo luogo le unità di percezione non sono le parole, ma gruppi di esse e la grandezza di questi gruppi è data proprio dall'esperienza, in altre parole la capacità di farsi un'idea completa da un minor numero di elementi, di completare adeguatamente con meno elementi si sviluppa con la pratica avendo un maggior numero di esempi su cui fare le proprie previsioni.

L'ipotesi da cui si parte è, dunque, una concezione fenomenologica del significato e una critica della visione di esso come di qualcosa di staccato, di indipendente dal segno che ad esso rinvia. Si propone quindi, dopo averne analizzato diverse concezioni, una visione che fa tesoro del dibattito filosofico, ma che ha un proposito principalmente pratico. Infatti l'intendere il significato come qualcosa che sta dietro il simbolo, che può essere depositato e recuperato da un "magazzino", ma che non si può definire, ha mostrato la sua aridità proprio sul piano pratico, nella difficoltà di farlo corrispondere agli oggetti della "realtà". Nel campo dell'Intelligenza Artificiale è infatti emerso come un problema sempre più ineludibile il distacco tra l'universo dei simboli e la realtà concreta. Si è cercato di riavvicinare queste due realtà, ma il problema era alla base, nell'avere legato artificialmente un simbolo ad un oggetto, invece di fare in modo che questo legame sorgesse da sé, con l'esplorazione dell'ambiente, così come avviene negli organismi reali. Le stesse difficoltà sono state incontrate nella psicologia cognitiva, che condivide con l'AI la medesima metodologia e da cui l'Intelligenza Artificiale ha tratto i modelli della mente umana. In genere non ci si sofferma sulla questione contando che sarà risolta in seguito, o "rimuovendola" semplicemente.

Quest'ipotesi alternativa sul significato viene quindi esposta in maniera teorica ed operativa nel secondo capitolo, per poi tentare una prima superficiale verifica sperimentale con la simulazione i cui risultati sono esposti nel sesto. Prima di arrivare a questa verifica però è necessario illustrare gli strumenti utilizzati, si parlerà quindi nel quarto capitolo delle reti neurali e nel quinto della vita artificiale, infatti la simulazione è fatta con un organismo artificiale, il cui sistema nervoso è costituito da una rete neurale, che deve apprendere a muoversi in un ambiente artificiale. Nel terzo capitolo si esamina dal punto di vista teorico analizzando alcuni studi sulla semantica per verificare la compatibilità di questa ipotesi con i dati disponibili.



                                    Dott. Leandro De Persiis

 

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